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Inerzia, proporzionalità e reciprocità sono tre modelli mentali molto efficaci per comprendere meglio il mondo che ci circonda.
Nell’estate del 1687 furono stampati i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, anche noti come Principia, il capolavoro di Newton destinato a cambiare la storia della scienza. Tutte le teorie presentate da Newton nei Principia, tra cui anche la forza di gravitazione universale, si fondano su tre “leggi del moto” definite anche assiomi a rimarcare il fatto che, così come gli assiomi di Euclide per la geometria, essi rappresentano i principi primi della meccanica, a partire dai quali è possibile ricavare ogni altra legge sul movimento dei corpi.
L’analisi delle tre leggi del moto ci offre alcuni interessanti spunti di riflessione che hanno molteplici ambiti di applicazione anche al di fuori della meccanica.
La prima legge: il principio d’inerzia
La prima legge di Newton, anche nota come principio d’inerzia stabilisce che “ciascun corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze applicate ad esso.” La forza che consente ad un corpo di perseverare nel suo stato viene definita forza d’inerzia.
L’inerzia è anche un modello mentale che può essere applicato per comprendere alcuni dei nostri comportamenti, come ad esempio l’avversione al cambiamento, definita anche status quo bias. Come ricordato da Newton, per determinare un cambiamento occorre esercitare una forza mentre lo status quo non richiede sforzi e presenta poche incertezze. Superare l’inerzia che ci caratterizza richiede un impegno consapevole che non sempre siamo disposti o pronti a sostenere e questo spiega perché molto spesso rimaniamo incastrati in situazioni, personali o lavorative, in cui non siamo più a nostro agio.
Ma il principio d’inerzia ci fa anche capire il perché il multitasking è una pratica poco efficiente: fermare un’attività per poi ricominciarla successivamente richiede maggiore dispendio di energia rispetto a continuarla per il tempo disponibile. In sostanza quando spostiamo il nostro focus da una cosa all’altra utilizziamo molta più energia rispetto alla strategia alternativa di terminare un compito prima di iniziarne un altro. Quando si tratta di svolgere un’attività dovremmo assecondare e quindi sfruttare a nostro favore la naturale forza d’inerzia a cui siamo sottoposti e non dissiparla distraendoci continuamente. Non è un caso se grandi decisori come Jobs, Munger e Gates hanno più volte sottolineato l’importanza del focus e della capacità di concentrazione: hanno in sostanza compreso il messaggio della prima legge di Newton.
La seconda legge: il principio di proporzionalità
Nella seconda legge, Newton afferma che “il cambiamento di moto è proporzionale alla forza motrice impressa, ed avviene lungo la linea retta secondo la quale la forza è stata esercitata”.
Questa legge può essere tipicamente espressa attraverso l’equazione F = m*a dove “F” è la forza, “m” la massa di un corpo e “a” l’accelerazione. Riaggiustando l’equazione si ottiene a = F/m, cioè: a parità di forza applicata, l’accelerazione o il cambiamento di moto sono inversamente proporzionali alla massa (“la velocità che una forza può generare in una data materia durante un tempo dato sta come la forza e il tempo, direttamente, e come la materia, indirettamente”). Questa legge è abbastanza intuitiva: spostare un oggetto di piccole dimensioni richiede meno forza rispetto ad uno più grande.
Il principio di proporzionalità può essere applicato metaforicamente anche a idee e comportamenti, utilizzando il concetto di “massa critica”. Una volta che un determinato comportamento ha raggiunto una massa critica importante, cioè si è radicato profondamente nelle nostre abitudini, ci risulterà più difficile cambiarlo, cioè dovremo applicare una forza (in questo caso di volontà!) molto grande. Lo stesso vale per i processi o modi di fare all’interno delle aziende, per le abitudini di consumo o anche per la diffusione delle idee o delle informazioni. Per questo è così difficile cambiare cattivi comportamenti o scardinare “fake news” se hanno raggiunto una massa critica importante.
La terza legge: il principio di azione-reazione o di reciprocità
“Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: ossia le azioni di due corpi sono sempre uguali fra loro e dirette verso parti opposte”.
Questa terza legge del moto è fondamentale per comprendere la nuova cosmologia di Newton. Newton ci dice che alla forza di gravità che il Sole esercita sugli altri pianeti, corrisponde una forza uguale e contraria esercitata dai pianeti sul Sole. Il fatto che il Sole possa apparire “immobile”, dipende semplicemente dalla sua maggiore massa rispetto ai pianeti, così come spiegato dalla seconda legge (per farlo muovere occorrerebbe esercitare una forza molto maggiore).
“Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.” (Isaac Newton)
Quando saltiamo, esercitiamo una forza sul terreno ricevendone in cambio una contraria di eguale dimensione. La propulsione dei jet ad esempio, fa leva sulla terza legge di Newton: i reattori esercitano una pressione sull’aria in una direzione ricevendone in cambio una reazione nella direzione opposta che consente all’aereo di alzarsi in volo. Il principio di reciprocità spiega anche la tecnica utilizzata nei placcaggi del football americano o del rugby. Visto che la forza che subisce indietro il difensore è pari a quella che esercita sull’avversario, le tecniche di placcaggio prevedono di utilizzare la minore forza possibile che consente di raggiungere l’obiettivo, in questo caso atterrare l’attaccante. Ciò consente di minimizzare gli infortuni non solo degli attaccanti ma anche dei difensori.
Nel mondo della fisica, il principio di reciprocità funziona sempre: è sempre vero che più forte picchiamo un pugno sul muro, maggiore sarà il danno per il muro e per la nostra mano. Nel mondo biologico, la reciprocità non è automatica: sarebbe fantastico se ogni volta che facciamo qualcosa di positivo ne ricevessimo in cambio una ricompensa di eguale dimensione. Tuttavia, seppur non automatica, anche in biologia la reciprocità svolge un ruolo molto importante e se compresa, può portare a notevoli vantaggi nel lungo periodo.
I biologi evoluzionisti infatti sono convinti che la nostra naturale tendenza ad avere comportamenti di reciprocità, cioè a rispondere ad un’azione positiva con un’altra azione positiva e viceversa, è un prodotto della nostra evoluzione naturale. Abbiamo maggiori probabilità di sopravvivere se siamo aiutati dagli altri e abbiamo più probabilità di ricevere aiuto se a nostra volta siamo stati disponibili ad aiutare in passato. In questo modo i geni che codificano l’istinto alla reciprocità sono stati selezionati e tramandati. Il fatto che la specie umana abbia prosperato per migliaia di anni fino ad oggi è dovuto anche alla capacità di costruire relazioni sociali utili e affidabili.
Comprendere il concetto di reciprocità ci consente di ottenere migliori risultati in tutti i campi: ci porta a valorizzare le situazioni di mutuo vantaggio (“win-win”), di collaborazione e ad utilizzare solo la forza “necessaria” per raggiungere l’obiettivo ma non di più, come nel caso dei placcatori di rugby. Ci insegna che se quello che offriamo agli altri è cinismo e scortesia, cinismo e scortesia tenderemo a ricevere dagli altri. Ma se offriamo agli altri opportunità e gentilezza, saremo sorpresi di quello che riceveremo in cambio. Numerosi studi psicologici hanno riscontrato che chi svolge lavori di volontariato presenta livelli di salute mentale e fisica molto superiori alla media, confermando empiricamente l’efficacia del principio di reciprocità.
Per cui la ricetta che possiamo dedurre dalla terza legge di Newton è semplice: se vuoi che i colleghi si comportino bene con te, inizia a comportarti bene con loro; se vuoi avere dei buoni amici, inizia ad essere un buon amico; se vuoi che gli altri ti ascoltino, inizia ad ascoltare gli altri.
Bibliografia:
Guicciardini, Niccolò. Isaac Newton. Filosofo della Natura, interprete della Scrittura, cronologo degli Antichi Regni. Carocci, 2021.