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Seneca era un esploratore di idee: per questo le sue riflessioni sono ancora attuali.
Le Lettere Morali a Lucilio sono l’opera più importante di Seneca, uno dei maestri dello stoicismo romano. Una caratteristica curiosa di questo capolavoro è che gran parte delle lettere terminano con una riflessione su una citazione di un filosofo: ed il filosofo a cui Seneca attinge più di frequente è Epicuro.
L’esplorazione nel giardino di Epicuro
Qual è il senso di citare così frequentemente Epicuro, il fondatore della scuola che era maggiormente in competizione con quella stoica e quindi potenzialmente un acerrimo nemico da confutare? È come se il CEO di un’azienda, durante le riunioni con il suo team, prendesse frequentemente ad esempio le idee e le strategie del CEO dell’azienda concorrente.
Il senso ce lo spiega Seneca già nella prima lettera: “ho l’abitudine di passare nel campo altrui non come disertore, ma come esploratore di idee.” Come tutti i grandi, Seneca è un esploratore di idee: pur restando fedele alle basi teoriche dello stoicismo (“non come disertore”), si addentra di frequente nel campo avversario, nei giardini di Epicuro, per cogliere alcune verità offerte da pensatori che professano idee sovente diametralmente opposte a quelle degli Stoici.
“Ho l’abitudine di passare nel campo altrui non come disertore, ma come esploratore di idee.” (Seneca)
Questo perché l’obiettivo di Seneca non è dimostrare di aver ragione e confutare le idee di chi la pensa diversamente da lui: il suo obiettivo è incrementare il suo patrimonio di conoscenza, attingendo alle idee di altri grandi pensatori. Pur essendosi formato alla scuola stoica, vuole ricavare il meglio da ogni filosofo, da ogni uomo compiutamente saggio, indipendente dalla sua scuola di appartenenza.
In un’altra lettera afferma: “mi chiedi, o Lucilio, che rapporti ho con un pensatore di un’altra scuola? Tutto ciò che è verità è anche un mio possesso: continuerò a proporti Epicuro affinché quei tali che giurano sulle parole del maestro e non giudicano la loro sostanza, ma considerano soltanto chi le ha pronunciate, sappiano che i principi migliori costituiscono un patrimonio comune.” E ancora: “Qualsiasi bella massima sia stata espressa da qualcuno è mio patrimonio.”
Seneca è quindi interessato alla forza delle idee, indipendentemente da chi le ha pronunciate, nella convinzione che i principi migliori siano un patrimonio comune a cui tutti possono attingere per migliorarsi.
È proprio per questo suo approccio eclettico, aperto al confronto e all’esplorazione di idee diverse, per questa sua capacità di capire che solo imparando dalle esperienze degli altri si può migliorare la propria saggezza, che le sue opere, sebbene scritte 2000 anni fa, sono ancora attuali al punto che rappresentano la lettura di riferimento di molti manager e pensatori di oggi.
Seneca è per esempio, la fonte di ispirazione più importante per Nassim Taleb: l’impianto teorico del suo capolavoro Antifragile e lo stesso concetto di antifragilità sono derivati da Seneca, che Taleb definisce “il grande capo”. “La sua opera ha affascinato persone come me e quasi tutti gli amici a cui ho fatto conoscere i suoi libri”, scrive Taleb.
E noi? Siamo propensi ad esplorare “il campo altrui” per cercare idee che possano aumentare il nostro patrimonio di conoscenza oppure rimaniamo chiusi nel nostro giardino, immersi nel confirmation bias?
Seneca ci offre in tal senso due rassicurazioni:
- esplorare non significa disertare: non occorre rinunciare alle proprie convinzioni, ai propri principi per potersi confrontare con idee diverse dalle nostre;
- i principi migliori sono un patrimonio comune: Seneca ci ricorda che non dobbiamo fare come “quei tali che, nel valutare le parole, considerano soltanto chi le ha pronunciate e non giudicano la loro sostanza”. Non ha senso rinunciare ad una buona idea semplicemente perché non ci piace chi l’ha formulata.
Bibliografia
Seneca. Lettere Morali a Lucilio. Mondadori, 2023.
Taleb, Nassim Nicholas. Antifragile. Il Saggiatore, 2013.