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I modelli di cui abbiamo esperienza sono estremamente persistenti anche quando si rivelano inefficaci.
Quando i manager adottano un modello di ragionamento consolidato e di cui hanno esperienza, e non ottengono i risultati attesi, quasi automaticamente assumono che il modello non sia stato applicato correttamente. La soluzione è quindi applicare il modello ancora con maggiore convinzione e così ancora in futuro, nonostante i risultati continuino a non arrivare.
“Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi ogni volta risultati diversi.” (Albert Einstein)
La persistenza dei modelli
I modelli di cui abbiamo esperienza sono estremamente persistenti anche quando si rivelano inefficaci. Questo perché tendiamo ad utilizzarli in maniera automatica. E anche quando ci troviamo di fronte a situazioni nuove tendiamo a preferire i modelli che già conosciamo e che abbiamo già applicato, anche se in contesti differenti (leggi anche qui). Ragionare per princìpi primi, come dovremmo fare quando ci troviamo di fronte a territori inesplorati per i quali non abbiamo una mappa predefinita, è molto più difficile, richiede più tempo e impegno: meglio utilizzare il vecchio modello anche nel nuovo contesto perché è più semplice e veloce.
E’ quindi ovvio che, quando un modello consolidato e generalmente accettato non produce i risultati sperati, i manager non mettono in discussione il modello ma pensano di non averlo applicato abbastanza bene. Eppure gran parte degli errori nel mondo aziendale non derivano da mancanza di impegno o persistenza nel perseguire l’obiettivo ma al contrario dall’utilizzo del modello sbagliato per l’obiettivo che si voleva raggiungere.
I modelli dell’innovazione
Roger Martin, uno dei più rinomati consulenti aziendali dell’era moderna, nel suo libro A New Way to Think, racconta di quando ricevette il mandato da parte di un’azienda per capire quali fossero i problemi nell’attività di Ricerca e Sviluppo (R&D), visto che, nonostante gli sforzi e le risorse impiegate, da anni non riuscivano a lanciare un prodotto vincente. L’azienda aveva investito tempo ed energia per sviluppare un processo di screening finalizzato ad eliminare sul nascere i progetti meno promettenti: il modello adottato si basava sulla convinzione che analizzando accuratamente i dati di mercato fosse possibile individuare e quindi cancellare i progetti a potenziale inferiore, liberando così risorse per quelli con maggiore prospettive.
E’ chiaro che a prima vista il modello potesse apparire sensato. Tuttavia, Martin si rese conto che il processo utilizzava i dati storici per prevedere le vendite potenziali future: ciò significava i progetti che comportavano solo variazioni marginali dello status quo, potendo contare su una grande disponibilità di dati da analizzare, tendevano a superare più facilmente i vari step del processo di sviluppo. Al contrario, i progetti più innovativi non avevano il supporto di dati storici significativi, perché le idee comportavano un cambiamento rispetto al passato: le previsioni di vendita, anche quando particolarmente ottimistiche, venivano considerate troppo speculative o incerte e quindi i progetti non riuscivano a superare le prime fasi di screening.
Si creava quindi un cortocircuito: l’utilizzo di dati storici per prevedere le vendite future tendeva a favorire le innovazioni marginali mentre quelle realmente dirompenti venivano stroncate sul nascere. Esattamente l’opposto di quello che l’azienda voleva ottenere. Più applicava rigorosamente il modello di screening e meno era in grado di produrre innovazione.
Occorreva quindi modificare il modello: non è possibile dimostrare analiticamente in anticipo la bontà di un’idea realmente innovativa perché non esiste una prova della sua efficacia che può essere riscontrata storicamente. Per quel che riguarda le innovazioni dirompenti, un miglior modello di screening è quello che si focalizza sulla solidità della logica sottostante, sull’analisi del perché l’idea può essere valida e non sui dati storici. Almeno in una fase iniziale occorre quindi saper ragionare per principi primi (che cosa è possibile? quali desideri voglio soddisfare?) e non per analogia (cosa esiste? cosa fanno i competitors?). Solo successivamente, una volta superati i primi screening logici, è possibile creare le condizioni per generare dati per ottenere feedback, testare e modificare l’idea ed eventualmente dismetterla se i riscontri ottenuti non sono positivi.
Conclusione
Se applicare un modello consolidato non porta ai risultati sperati, dovremmo aver il coraggio di mettere in discussione il modello, piuttosto che cercare di applicarlo con maggiore disciplina. Dovremmo chiederci: perché il modello che sto adottando non funziona? E soprattutto: c’è un modo diverso e migliore per affrontare il problema?
Bibliografia
Martin, Roger L.. A New Way to Think. Harvard Business Review Press, 2022.