La persistenza ci consente di arrivare al punto di svolta ed entrare nell’area in cui i risultati crescono più degli sforzi.
Ci siamo spesso sentiti ripetere che la persistenza conta più del talento. Che per raggiungere gli obiettivi, le qualità fondamentali sono l’impegno costante, la voglia di migliorarsi giorno dopo giorno indipendentemente dai risultati. Questo concetto intuitivamente ci è chiaro: ma abbiamo mai cercato di capire in profondità qual è il principio primo, la ragione fondamentale che innesca quello che abbiamo deciso di chiamare l’effetto leva della persistenza? Tutto dipende dalla funzione che determina la relazione tra impegno e risultati.
La relazione tra impegno e risultati
Il punto chiave da comprendere è che c’è una disconnessione tra quello che percepiamo essere la relazione tra impegno e risultati e quello che si verifica in realtà (vedi grafico sottostante).
Grafico: relazione tra risultati e impegno
Quello di cui siamo convinti è che la funzione che lega impegno e risultati sia lineare: in sostanza pensiamo che i risultati siano direttamente proporzionali all’impegno e al tempo dedicato; maggiore impegno e tempo dedicati, più risultati e viceversa. La funzione lineare implica che i risultati arrivino in maniera costante, e quindi una parte degli stessi già dalla fase iniziale. Purtroppo, non è così. Volete imparare a suonare uno strumento? All’inizio, nonostante tutti gli sforzi, vi sembrerà di essere degli incapaci e di non riuscire a mettere tre note di fila. Giocare a tennis? Nelle prime lezioni riuscirete a malapena a buttare la pallina dall’altra parte del campo. Iniziate un lavoro completamente nuovo dove non avete esperienza? Nei primi mesi vi sembrerà tutto difficile e pensate che non sarete mai in grado di riuscire a capire veramente quello che dovete fare.
Tutto ciò dipende dal fatto che la relazione tra risultati e impegno non è lineare come pensiamo, ma esponenziale. La funzione esponenziale implica che nella fase iniziale i risultati crescano meno che proporzionalmente all’impegno profuso: tanto impegno pochi risultati (nel grafico la funzione esponenziale è posizionata “sotto” a quella lineare nel periodo iniziale). E qui sta il problema: se le nostre aspettative seguono un andamento lineare ma la realtà è esponenziale allora è molto probabile che durante il periodo iniziale potremo cadere vittime della delusione e della frustrazione. Saremo delusi e frustrati perché nonostante tutti gli sforzi, i risultati saranno comunque inferiori alle attese: e quindi in molte situazioni molleremo, perché penseremo di non essere capaci, che non saremo mai bravi abbastanza.
La funzione esponenziale ci ricorda invece, che la fase iniziale deve essere interpretata come un “Periodo di Apprendistato” (nel grafico da T = 0 a T =1): durante questo periodo il focus deve essere posto sull’acquisizione delle abilità e delle competenze piuttosto che sui risultati. Il focus sull’apprendimento ci consente di essere più consistenti e pazienti, perché saremo meno delusi se i risultati saranno deludenti; ci fornisce la giusta dose di umiltà che ci rende consapevoli che per ottenere i risultati occorre necessariamente passare attraverso un periodo di formazione.
E qui capiamo perché la persistenza fa la differenza: occorre essere persistenti per superare il Periodo di Apprendistato, per continuare ad impegnarsi al massimo anche quando i risultati non arrivano o comunque sono inferiori alle nostre aspettative (lineari). Infatti in questa fase molti mollano perché sono motivati solo dai risultati e se questi non arrivano subito allora crolla tutto: quante persone conoscete che iniziano una cosa e poi la lasciano per iniziare un’altra e poi così senza arrivare mai a fondo?
La ricompensa per chi non molla? Arriva con il punto di svolta (punto A nel grafico), quando la funzione esponenziale incrocia dal basso quella lineare: a quel punto si innesca l’effetto leva della persistenza. Tutto ad un tratto i risultati iniziano ad arrivare e sono di gran lunga superiori alle attese (la funzione esponenziale è “sopra” a quella lineare). Ora che siete competenti, che avete capito come funzionano le cose, iniziate ad unire i puntini, a capire le relazioni, trovate soluzioni prima impensabili. Gli investimenti fatti per sviluppare le competenze iniziano a pagare dividendi: e non lo fanno in maniera lineare, ma esponenziale. Arrivano tutti insieme, anche in maniera inaspettata. Superato il punto di svolta riuscite a suonare la chitarra come non avreste mai immaginato; tirate il vostro rovescio lungolinea in un modo che sembrava impensabile solo qualche mese prima; e al lavoro diventate proattivi, risolvete i problemi senza la fatica di un tempo e vi si aprono nuove opportunità.
Quante volte avete sentito un atleta professionista dire: “non avrei mai pensato di ottenere questi risultati, di arrivare fino a qui.” Questo perché sottovalutiamo l’effetto leva della persistenza concetto che invece era ben chiaro a Peter Drucker, il grande guru della consulenza aziendale che infatti ha affermato: “le persone sovrastimano quello che possono ottenere in un anno. Ma sottostimano notevolmente quello che possono ottenere in cinque.”
“Le persone sovrastimano quello che possono ottenere in un anno. Ma sottostimano notevolmente quello che possono ottenere in cinque.” (Peter Drucker)
L’effetto leva della persistenza e il punto di svolta
Mettiamo in chiaro le cose: quanto affermato non significa che con impegno e costanza tutti possono diventare dei numeri 1 in qualsiasi attività. Il talento e le propensioni innate influenzano sia il punto di svolta che i risultati che si possono ottenere quando si innesca l’effetto leva: una persona particolarmente talentuosa e portata avrà una fase di apprendistato più breve e otterrà, dopo il punto di svolta, risultati significativamente più alti rispetto ad un’altra con meno talento. E non significa neppure che dobbiamo necessariamente arrivare al punto di svolta: se capiamo che una cosa non ci piace e non fa per noi, è giusto mollare.
Il concetto generale da cogliere è invece che, indipendentemente dal nostro talento e predisposizione, quando ci impegniamo in qualcosa, dobbiamo essere consapevoli che i risultati che otterremo seguiranno un andamento esponenziale e non lineare, cioè saranno pochi all’inizio e molti di più dopo un periodo di apprendistato; che avremo la tentazione di mollare subito perché nella maggior parte dei casi abbiamo pochi riscontri positivi immediati; che per ottenere i risultati dovremo necessariamente passare per una fase di apprendistato dove dovremo privilegiare la formazione rispetto alla performance; e che se riusciamo ad arrivare al punto di svolta, i risultati saranno molto superiori a quello che pensavamo di ottenere quando siamo partiti.
Ecco perché la persistenza è importante: perché ci consente di arrivare al punto di svolta, il momento in cui si innesca l’effetto leva e otteniamo molti risultati con pochi sforzi. Lo stesso Einstein, forse con un eccesso di autocompiaciuto basso profilo, affermava: “non è perché sono più intelligente, è perché sto a pensare ai problemi più a lungo.”
“Non è perché sono più intelligente, è perché sto a pensare ai problemi più a lungo.” (Albert Einstein)