Ross Brawn ha portato la Ferrari ad essere un team vincente lavorando sulla cultura aziendale.
Ross Brawn è stato il manager più vincente della Formula 1, con oltre venti titoli tra piloti e costruttori in team diversi come Williams, Benetton, Ferrari e Brawn GP. In Italia è ancora ricordato per essere stato l’artefice del periodo d’oro della Ferrari, quello dei cinque mondiali consecutivi costruttori e piloti con Schumacher dal 2000 al 2004.
La cultura aziendale della Ferrari
Appena arrivato in Ferrari, alla fine del 1996, Brawn si domandò come fosse possibile che la scuderia di Maranello non vincesse un mondiale da così tanto tempo: l’ultimo titolo piloti era stato nel 1979 con Scheckter e quello costruttori nel 1983. Non mancavano infatti i mezzi: le capacità di effettuare test erano infinite; si avevano a disposizione due piste a Maranello e al Mugello; era stata appena costruita una nuova galleria del vento e l’officina meccanica era enorme e fornita di tutto il necessario. Anche l’attitudine al lavoro dei dipendenti era molto buona: c’erano artigiani e tecnici di prima qualità. C’erano persone che erano alla terza generazione come dipendenti alla Ferrari, dopo nonni e genitori, e quindi avevano accumulato un grande patrimonio di competenze ed esperienze.
Allora perché non si riusciva a vincere nonostante ci fossero tutti gli ingredienti per farlo? Ecco forse non proprio tutti: ne mancava uno, quello più importante, in assenza del quale gli altri non riuscivano a funzionare. Brown lo spiega così: “C’era una cultura aziendale in cui i middle e top manager si guardavano continuamente le spalle. La filosofia era preservare la propria posizione. Questa è stata la sfida più difficile per me. Grande forza lavoro, persone meravigliose, appassionate e impegnate che erano orgogliose di lavorare per la Ferrari; ma il middle management era pietrificato all’idea di fare un passo fuori dal seminato e quindi le cose non funzionavano correttamente. Poco tempo prima del mio arrivo, avevano licenziato un uomo nell’officina meccanica, ed era stata come un’impiccagione pubblica. Questo ragazzo aveva montato un pistone in modo errato: era il motore che era esploso nel giro di riscaldamento a Magny Cours l’anno prima. Avevano condotto un’indagine interna e questo ragazzo era stato impiccato, squartato e licenziato. E il messaggio era: ‘questo è ciò che accadrà a chiunque non rispetti gli standard’. Ho pensato che questa fosse una cosa assurda: era il sistema ad essere sbagliato, non il ragazzo. E non avrei permesso che accadesse ancora, il che portò al mio unico conflitto con Luca di Montezemolo. Una volta in cui Luca cercava qualcuno da incolpare per un problema, gli dissi: ‘sono io Luca. Sono responsabile per tutto. Quando vuoi incolpare qualcuno, incolpa me.’”
Ecco il motivo per cui la Ferrari non performava! Non erano questioni di budget, problematiche tecniche, le competenze degli ingegneri o l’abilità dei piloti: il motivo era una cultura aziendale tossica nella quale le persone avevano paura di sbagliare. Si era quindi instaurato un “gioco della colpa” dove era difficile parlare di errori e le persone erano completamente bloccate e al di sotto del potenziale. L’assenza di sicurezza psicologica impediva quindi un processo di apprendimento continuo, che nasce proprio dall’analisi e dalla discussione dell’errore e questo ovviamente si ripercuoteva sulla performance in pista.
Brawn capì che per tornare a vincere occorreva innanzitutto scardinare questo clima negativo, ancor prima di iniziare a discutere di tematiche tecniche o di regolamento: “La mia priorità in quegli anni iniziali era fare in modo che le persone riguadagnassero fiducia in se stessi e fossero consapevoli che il management non gli avrebbe segato le gambe se avessero fatto degli errori.”
L’introduzione dei “postmortem post-gara”
Il superamento della cultura della paura fu ovviamente un processo graduale; molto dipese dal carattere di Brawn, sempre in grado di mantenere la calma anche nei momenti di massima tensione. Fondamentale fu soprattutto l’introduzione di un momento strutturato di discussione, i debrief del lunedì dopo il week end di gara, in cui poter parlare con calma di cosa non aveva funzionato e di cosa si poteva fare per migliorare. Brawn introdusse quindi una sorta di “postmortem del lunedì post-gara” come un momento in cui discutere e imparare dagli errori: “Ho introdotto questo processo delle riunioni post gara il giorno dopo il week end in pista. Erano molto inclusive, 30 – 40 persone, per analizzare tutto quello che era successo, che cosa non aveva funzionato. Prima si facevano le riunioni post gara solo quando c’era stato qualcosa di estremamente negativo: si riunivano tutti e c’erano discussioni molto tese. Ma non ha senso vedersi solo quando c’è una crisi: devi avere un processo di miglioramento continuo, consistente nel tempo.”
Brawn racconta un’esperienza che ebbe quando era in Brawn GP e lui e il team furono invitati ad assistere ad un training della sezione “Incidenti e Emergenze” dell’Ospedale St Mary a Paddington. Lo scopo dell’esercizio era capire se l’ospedale potesse trarre qualche input dall’esperienza di un team di F1. Brawn, dopo aver osservato con cura tutte le procedure, rimase sorpreso quando fece allo staff medico questa domanda: “Quando fate il debrief per capire cosa ha funzionato e cosa no, quali sono i problemi e le azioni da mettere a terra per risolverli?” La risposta che ricevette fu: “Non facciamo debrief solitamente, solo quando un paziente muore.” Brawn rimase di stucco e rispose: “Ma se vi riunite per parlare solo quando il paziente è morto allora è troppo tardi. E poi siete emozionalmente sotto pressione perché siete preoccupati per le conseguenze. Perché non fate delle sessioni di confronto quando la situazione è ok e potete discutere con calma delle cose da migliorare?”. “Perché non abbiamo tempo!”, fu la risposta dei dottori. Brawn rimase colpito e affermò: “Questa è la cosa più importante che dovete fare, trovare del tempo per migliorare il processo, avere un sistema dove sviluppare i miglioramenti.”
“La fortuna è preparazione che incontra un’opportunità.” (Ross Brawn)
Conclusioni
L’esperienza di Brawn in Ferrari dimostra ancora una volta che una cultura che preserva la sicurezza psicologica dei lavoratori sia l’ingrediente più importante per la performance aziendale. La sicurezza psicologica migliora la resilienza perché favorisce l’analisi e la discussione degli errori, ponendo le basi per un processo di miglioramento continuo e stimola l’innovazione perché facilita la generazione delle idee, anche apparentemente strane, rendendo più semplice per le persone tirare fuori quello che pensano.
Il modo più efficace per instaurare un clima in cui parlare degli errori sia una “cosa normale” è introdurre i postmortem, cioè dei momenti in cui discutere “ex-post” di cosa ha funzionato, cosa no, e che cosa fare per migliorare ed evitare che gli errori si ripetano in futuro. I postmortem devono essere ricorrenti, consistenti nel tempo, parte integrante del processo decisionale e non solo dei momenti in cui si discutono situazioni di crisi quando, a causa della carica emotiva e della tensione, si corre il rischio di andare alla ricerca del colpevole invece che delle soluzioni.
Bibliografia
Brawn, Ross e Parr, Adam. Total Competition. Simon & Schuster, 2017.