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Non esiste un algoritmo in grado di generare il team perfetto. Ci sono però dei fattori che possono influire in maniera determinante sull’efficacia di un team di lavoro.
Il “team” rappresenta l’unità operativa più importante per quasi tutte le organizzazioni: è il luogo dove le persone passano gran parte del tempo, dove vengono discussi i progetti e generate le idee, dove si sviluppano gran parte delle interazioni tra i colleghi.
Riconoscendo l’importanza del team come motore dell’azienda, nel 2012 Google ha intrapreso un progetto di ricerca finalizzato ad analizzare le dinamiche che caratterizzano il lavoro all’interno di un team. L’iniziativa, denominata Progetto Aristotele in tributo alla citazione “Il totale è maggiore della somma delle parti”, aveva come obiettivo quello di rispondere ad una domanda specifica: “Cosa rende un team efficace all’interno di Google?”.
Come definire l’efficacia di un team?
I ricercatori del gruppo People Analytics che si occuparono del progetto, dovevano innanzitutto capire come misurare l’efficacia di un team. Notarono subito come non fosse possibile individuare degli indicatori oggettivi e facilmente misurabili e che quindi si dovesse utilizzare un approccio che combinasse aspetti quantitativi (ad esempio i risultati di vendita rispetto al target) con altri di tipo qualitativo.
Per la valutazione qualitativa, i ricercatori ottennero input basati su questionari che registravano tre prospettive differenti: quella del manager, del team leader e dei membri del team. Infatti, anche se le domande erano le medesime, la spiegazione delle risposte lasciava intravedere un’interpretazione molto differente del concetto di efficacia: i manager erano molto focalizzati sui risultati (ad esempio in termini di vendite e di lancio di nuovi prodotti) mentre i membri del team affermavano che il “clima di lavoro” e “la cultura aziendale” fossero gli elementi più importanti. I team leader avevano una visione più ampia che andava dalla “big picture” ai problemi dei singoli, e individuavano nella responsabilità, nella visione e negli obiettivi i fattori determinanti.
Questo mix tra parametri oggettivi e riscontri qualitativi misurati su livelli differenti, diede ai ricercatori di Google una visione piuttosto completa di come misurare l’efficacia di un team.
Il progetto Aristotele
Il progetto Aristotele durò circa tre anni durante i quali furono monitorati 180 team con composizioni variabili da 3 a 50 persone (per una “mediana” di 9). I ricercatori iniziarono analizzando tutta una serie di dati relativi alla composizione dei team: variabili demografiche, caratteristiche personali e psicologiche, livelli di esperienza e di competenze, percorso di formazione e così via. Nonostante il quantitativo di dati a disposizione e le migliaia di simulazioni effettuate, i ricercatori di Google non furono in grado di trovare una formula che mettesse in correlazione un particolare mix di caratteristiche personali, abilità o esperienze dei singoli e il livello di efficacia del team.
Sembrava quindi che la parte “chi” dell’equazione, cioè la composizione del team, non fosse una variabile determinante. Come affermato da Abeer Dubay, una delle ricercatrici del progetto, “in Google siamo maestri nell’individuare i pattern; ma in questo caso non ne abbiamo trovati”.
I fattori che influenzano l’efficacia del team
Constatata l’impossibilità di individuare un algoritmo per la composizione del “team perfetto”, i ricercatori analizzarono ancora più a fondo tutti i dati a disposizione e le centinaia di interviste effettuate. Finalmente ebbero la rivelazione: scoprirono che quello che contava veramente non era tanto la composizione del team, ma piuttosto come il team lavorava insieme. Nello specifico, individuarono 5 fattori, che influivano in maniera determinante sull’efficacia dei team. In ordine di importanza sono:
- Sicurezza Psicologica: è la consapevolezza di ogni membro del team di poter esprimere le proprie idee, manifestare dissenso, sollevare domande o problemi e confessare i propri errori senza correre il rischio di essere puniti o penalizzati. In presenza di un alto livello di sicurezza psicologica, i membri del team si sentono a loro agio nel prendersi dei rischi e anche nel mostrarsi vulnerabili di fronte ai propri colleghi e non hanno paura di sentirsi ignoranti, incompetenti, negativi o invasivi.
- Affidabilità: i membri del team si prendono in carico i compiti e se ne assumono le responsabilità, rispettando i tempi e gli standard di qualità.
- Organizzazione e chiarezza: i membri del team hanno chiarezza sui ruoli, i piani e gli obiettivi. Gli obiettivi devono essere fissati a livello di team o di singolo, e devono essere chiaramente individuati, sfidanti ma raggiungibili. Ogni membro deve comprendere le aspettative sul suo ruolo, cosa fare per soddisfarle e gli impatti del suo lavoro sull’efficacia complessiva del team.
- Significato: provare un senso di appagamento personale e professionale nello svolgimento del proprio lavoro è fondamentale per l’efficacia del team. La ripartizione dei compiti non deve essere fatta solo sulla base del ruolo, dell’abilità o dell’esperienza ma deve tenere in considerazione anche gli interessi di sviluppo personale.
- Impatto: ogni membro del team deve avere la percezione che il risultato del suo lavoro può fare la differenza e ha un impatto molto importante per gli obiettivi dell’organizzazione.
I ricercatori identificarono anche quali variabili non avevano invece un impatto significativo. Ad esempio: il fatto che i colleghi fossero tutti seduti nella stessa stanza o che le decisioni fossero sempre prese con il consenso di tutti; il livello di seniority, il carico di lavoro, la performance individuale, l’estroversione dei singoli e perfino la dimensione del team.
I consigli per i manager
I ricercatori iniziarono a discutere i risultati del progetto Aristotele con i primi gruppi di colleghi a partire dalla fine del 2014. Da allora, le linee guida di questa ricerca sono diventate un punto di riferimento per tutti i manager e i team leader di Google.
Nella tabella 1 c’è un esempio dei suggerimenti che il team People Analytics ha predisposto per i manager che vogliano favorire comportamenti in linea con i 5 parametri del progetto Aristotele.
La sicurezza psicologica
Tra i 5 fattori individuati nel progetto Aristotele, la sicurezza psicologica è di gran lunga quello più significativo. I ricercatori di Google scoprirono infatti che i team dove il livello di sicurezza psicologica era più elevato, erano quelli maggiormente in grado di innovare perché sfruttavano appieno il potere della diversità cognitiva dei singoli componenti e quindi generavano anche risultati migliori in termini di ricavi per l’azienda. I manager di questi team erano particolarmente soddisfatti e fornivano valutazioni elevate nei loro assessment e i singoli componenti, sentendosi in un ambiente protetto, difficilmente lasciavano azienda.
La ricercatrice Amy Edmondson, docente di Leadership e Management presso l’università di Harvard, è stata la prima a introdurre il concetto di sicurezza psicologica all’interno dei team aziendali. Per misurarne il livello, la Edmondson propone ai membri di un team di riflettere su queste affermazioni:
- Se faccio un errore molto spesso mi viene fatto pesare
- I membri del team sono in grado di sollevare problemi o questioni scottanti
- I componenti del team a volte hanno un atteggiamento di rifiuto nei confronti di idee diverse
- Mi sento sicuro a prendere dei rischi all’interno del team
- E’ difficile chiedere aiuto ai miei colleghi
- Nessuno all’interno del team potrebbe agire per ostacolare il mio lavoro
- All’interno del team le mie abilità vengono valorizzate e sfruttate appieno
In team con un basso livello di sicurezza psicologica i componenti sono impegnati in una strategia di protezione personale che gli esperti definiscono gestione dell’impressione (“impression management”): non fanno domande per non sembrare ignoranti, non ammettono debolezze o errori per non sembrare incompetenti, non esprimono le proprie idee per non sembrare invasivi e non criticano lo status quo per non sembrare negativi e pesanti.
NESSUNO VUOLE SEMBRARE | SOLUZIONE |
---|---|
Ignorante | Non fare domande |
Incompetente | Non ammettere debolezze o errori |
Invasivo | Non esprimere le tue idee |
Negativo | Non criticare lo status quo |
Tabella 2: gestione dell’impressione in team con basso livello di sicurezza psicologica. Estrapolato da Building a psychologically safe workplace. Ted Talk di Amy Edmondson, 2014.
E’ ovvio che ogni volta che ci teniamo dentro quello che vorremmo dire, priviamo noi stessi e i nostri colleghi di un’opportunità di apprendimento, non forniamo il nostro contributo al 100%. E’ quindi molto difficile che i team con un basso livello di sicurezza psicologica siano in grado di innovare e generare nuove idee.
“Quando l’apprendimento e la collaborazione sono necessari per il successo, la paura non è un motivatore efficace.” (Emy Edmondson)
“Esprimere la propria opinione è solo il primo passo. Il vero test è come rispondono i leader quando le persone lo fanno.” (Emy Edmondson)
Nel Ted Talk del 2014 (che puoi vedere qui, Amy Edmondson fornisce tre suggerimenti per i manager che vogliano favorire la sicurezza psicologica all’interno dei propri team:
1. Strutturare il lavoro come un processo di apprendimento e non come una mera esecuzione di un compito. Il manager deve rendere esplicito che ogni progetto è incerto, condizionato da molti fattori e quindi i risultati sono spesso imprevedibili e contestualmente, proprio per questo motivo, deve riconoscere che c’è bisogno del contributo di tutti. Questo crea i presupposti perché ogni membro del team possa sentirsi sentirsi coinvolto.
2. Riconoscere la propria fallibilità. Dire cose semplici come: “Potrei trascurare qualcosa. Ho bisogno del tuo punto di vista.” Questo fa sentire ogni membro del team sicuro di poter esprimere il proprio parere.
3. Istituzionalizzare la curiosità. Fare tante domande. Questo crea la necessità e l’abitudine al confronto.
Unendo la sicurezza psicologica con la motivazione e le responsabilità individuale, le aziende diventano un luogo di apprendimento ed innovazione (“Learning Zone”, vedi figura 2).
Conclusioni
In Google gli algoritmi generano buona parte dei ricavi. Con il progetto Aristotele, tuttavia, i ricercatori di Google scoprirono come non fosse possibile identificare un algoritmo in grado di generare il “team perfetto” attraverso una particolare combinazione di caratteristiche personali e professionali dei componenti. Quello che capirono invece è che per l’efficacia di un team le modalità di interazione dei componenti sono decisamente più importanti delle caratteristiche dei singoli.
Soprattutto si resero conto che la sicurezza psicologica era il fattore determinante: nessuno vuole mettersi la “maschera da lavoro” prima di andare ogni giorno in ufficio; nessuno vuole lasciare a casa parte della propria personalità. Come affermato da un manager di Google, “spendo la maggior parte del mio tempo al lavoro. Se non posso aprirmi ed essere onesto in ufficio, allora vuol dire che non sto vivendo veramente, non è così?” Per poter essere completamente noi stessi e offrire il nostro contributo al 100% dobbiamo sentirci liberi di poter mostrare a volte anche il nostro lato più vulnerabile senza paura di venir attaccati, giudicati o penalizzati. Dobbiamo percepire il team come un luogo sicuro.
Il progetto Aristotele ci offre quindi un’opportunità di riflessione importante: forse la sicurezza psicologica potrebbe rappresentare un fattore determinante per migliorare l’efficacia dei team anche all’interno della nostra azienda.
Bibliografia
Duhigg, Charles. What Google Learned From Its Quest to Build the Perfect Team. NY Times, 25 febbraio 2016.
Edmondson, Amy. Building a psychologically safe workplace. Ted, 2014.
Google. Guide: Understand team effectiveness. re:Work.