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La capacità di ragionare a fondo sui dati dei propri esperimenti e la disponibilità a mettere continuamente in discussione le proprie idee sono i due ingredienti chiave del metodo Darwin.
“Il mio successo come uomo di scienza, qualunque esso sia stato, è dovuto, mi sembra, a diverse e complesse qualità e condizioni intellettuali. Le più importanti sono state: l’amore per la scienza, un’infinita pazienza nel riflettere lungamente su ogni argomento, gran diligenza nell’osservare e raccogliere dati di fatto, e una certa dose di immaginazione e di buon senso. E’ davvero sorprendente che con doti così modeste io sia stato capace di influire in modo tanto notevole sulle opinioni degli scienziati su alcuni importanti problemi.”
In queste frasi, che concludono la sua Autobiografia, Charles Darwin racchiude il segreto del suo metodo, quello che gli ha consentito di formulare una delle teorie più importanti e longeve della storia della scienza.
Il metodo Darwin
Darwin non era certo un genio: a scuola non è mai stato tra i primi della classe e anche suo padre, visto che il figlio non voleva terminare gli studi di medicina, si era ormai rassegnato per lui ad una carriera da pastore evangelico. Lui stesso ammette di “non avere quella grande rapidità di apprendere o quell’agilità di spirito che sono così notevoli in alcune persone intelligenti.” Inoltre aggiunge “ho una limitatissima capacità di seguire un lungo corso di pensieri astratti; perciò non sarei riuscito bene nella metafisica e nella matematica” e conclude addirittura “la mia memoria è così debole che non sono mai stato capace di ricordare per più di pochi giorni una data o un rigo di poesia.”
Nonostante occorra tener conto della modestia che ha sempre contraddistinto Darwin, la descrizione che fa di se stesso non fa emergere nessuna delle qualità che di solito vediamo associate ad un grande scienziato. Ma allora qual è il segreto che ha consentito a un uomo assolutamente comune, dotato di un’intelligenza “normale”, di generare una delle teorie più importanti della scienza? La risposta sta nel suo metodo di lavoro, da noi definito metodo Darwin.
Osservazione e pazienza
Darwin afferma di avere “una capacità superiore alla media di notare cose che sfuggono facilmente all’attenzione e di osservarle con cura. Fin dalla mia prima giovinezza ho concepito un vivo desiderio di capire o di spiegare tutto ciò che osservavo, cioè di raggruppare tutti i fatti sotto leggi generali. Questi fattori combinati mi hanno dato la pazienza e la capacità di riflettere e ponderare per anni su problemi insoluti.”
Ecco spiegato il primo segreto del metodo Darwin: grande attenzione alla raccolta e all’analisi dei dati unita ad una capacità di ragionare a lungo sui problemi senza saltare immediatamente alle conclusioni.
La genesi dell’Origine della Specie, la sua opera più importante in cui espone la teoria dell’evoluzione, è l’esempio più evidente di questo approccio. Dopo essere ritornato nel 1836 dal suo viaggio di cinque anni attorno al mondo a bordo del Beagle, Darwin si mise subito a lavorare incessantemente per analizzare i dati che aveva raccolto e condurre altri esperimenti. Già nel 1838 ebbe l’illuminazione che avrebbe costituito l’idea di base della sua nuova teoria: dopo avere studiato per “diletto” il libro di Malthus Saggio sul Principio di Popolazione, Darwin venne colpito dall’idea che nella “lotta per l’esistenza cui ogni essere è sottoposto, le variazioni vantaggiose tendessero ad essere conservate, e quelle sfavorevoli ad essere distrutte.” Aveva quindi una teoria su cui lavorare, ma era così preoccupato di evitare ogni pregiudizio che decise di non scrivere per quattro anni neanche una brevissima nota. In realtà gli occorsero vent’anni di studio e di ricerca dei fatti per preparare la difesa dell’evoluzione di fronte a un mondo sostanzialmente contrario a tale teoria: questo periodo che intercorse tra la generazione della prima idea e la pubblicazione dell’Origine della Specie, avvenuta nel 1859, viene definito “il lungo ragionamento” di Darwin.
Darwin ha affermato che “fu un grande vantaggio per me rimandare la pubblicazione dal 1839, anno in cui la teoria fu chiaramente concepita, al 1859”. Questo lungo ragionamento gli ha consentito approfondire la sua teoria, testarla sui nuovi dati che continuava a raccogliere e giudicarla da diversi punti di vista: “il ritardo mi è stato molto utile, perché dopo molti anni si è in grado di giudicare il proprio lavoro, quasi si trattasse di quello di un’altra persona.”
Mettere in discussione le proprie idee
“Per molti anni avevo seguito l’ottima regola di annotare subito e senza fallo tutto ciò che era contrario ai risultati generali della mia teoria: fosse un fatto, una nuova osservazione o un pensiero che mi capitava di leggere, perché avevo imparato per esperienza che i fatti e i pensieri contrari tendono a sfuggire dalla memoria più facilmente di quelli favorevoli.”
Ecco il secondo segreto del metodo Darwin: lo scienziato inglese era immune dal confirmation bias! Non cercava solo le informazioni a sostegno della sua teoria ma al contrario aveva capito che per rafforzare un’idea occorre soprattutto cercare di falsificarla, cioè analizzare attentamente le evidenze contrarie e verificarne l’attendibilità. E’ grazie a questa costante attenzione “ai fatti contrari” che la teoria dell’evoluzione, seppur rivoluzionaria per i tempi in cui fu generata, fu praticamente immune ad attacchi esterni perché tutte le possibili obiezioni erano già state analizzate e valutate da Darwin in anticipo durante il suo “lungo ragionamento”.
E’ ovvio che per attribuire la stessa attenzione alle evidenze favorevoli come a quelle sfavorevoli, occorre avere una mentalità aperta e scevra da pregiudizi. Non è un caso che Darwin affermasse “ho sempre cercato di tenermi libero da idee preconcette, in modo da poter rinunciare a qualunque ipotesi, anche se molto amata non appena mi si dimostri che i fatti vi si oppongono. Non mi è dato di agire diversamente, e infatti, non ricordo un sol caso in cui non abbia dovuto abbandonare o modificare profondamente la mia prima formulazione di un’ipotesi.”
“Ho sempre cercato di tenermi libero da idee preconcette, in modo da poter rinunciare a qualunque ipotesi, anche se molto amata, non appena mi si dimostri che i fatti vi si oppongono.” (Charles Darwin)
Conclusioni
Darwin era una persona normale che però aveva due grandi qualità: la capacità di ragionare a fondo sui dati dei propri esperimenti e la disponibilità a mettere continuamente in discussione le proprie idee e a modificare le sue ipotesi di lavoro. E’ proprio grazie a queste qualità che la sua mente è “diventata una specie di macchina per estrarre delle leggi generali, da una vasta raccolta di fatti”, cioè un esempio perfetto di applicazione di metodo induttivo.
Qual è l’insegnamento che possiamo trarre da Darwin? Non possiamo pretendere di generare idee valide se non ci concediamo del tempo per approfondirle. Non si tratta certo dei 20 anni del lungo ragionamento di Darwin ma ogni decisione importante deve essere analizzata con attenzione e valutata, con calma e pazienza, da diversi punti di vista. Dobbiamo avere il tempo per prendere la giusta distanza, per poterla giudicare come se fosse stata elaborata da un’altra persona. Quante volte invece saltiamo immediatamente alle conclusioni e decidiamo d’istinto?
Per generare idee solide e sostenibili è fondamentale inoltre avere una mente aperta, disponibile ad attribuire la stessa dignità ad evidenze favorevoli come a quelle contrarie. Quanti di noi sono disposti rinunciare a qualunque ipotesi, anche se molto amata, non appena ci viene dimostrato che i fatti vi si oppongono?
Darwin ci insegna che prima di presentare una nostra idea in riunione, al nostro capo o di fronte ad una platea dovremmo prima testarla nei confronti di tutte le possibili obiezioni che potremmo ricevere. In fondo è proprio grazie a questa strategia se la teoria di Darwin rimane valida ancora oggi, dopo oltre 150 anni dalla sua prima esposizione nell’Origine della Specie.
Bibliografia:
Darwin, Charles. Autobiografia (1809 – 1882). Giulio Einaudi, 2016.