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Specie che non sono direttamente collegate tra loro trovano soluzioni simili a problemi equivalenti nella loro percorso per la sopravvivenza.
In biologia, la convergenza si riferisce a quel processo secondo il quale gli organismi sviluppano tratti analoghi che non erano presenti nel loro ultimo antenato comune. In sostanza, specie che non sono direttamente collegate tra loro trovano soluzioni simili a problemi equivalenti nel loro percorso per la sopravvivenza. Questo accade quando queste specie occupano nicchie con caratteristiche analoghe anche se a grande distanza tra loro perché per esempio si trovano in continenti diversi.
I tratti comuni sviluppati attraverso la convergenza vengono definiti omoplasie e fanno riferimento a forme del corpo, organi ma anche comportamenti, strutture sociali, forme di intelligenza e riproduzione e così via. Pur non essendo identici, hanno generalmente lo stesso obiettivo.
La convergenza è un concetto interessante perché ci dimostra che l’evoluzione non è un processo completamente casuale: alcuni tratti e comportamenti tendono a ripetersi in quanto rappresentano il modo più efficace per sopravvivere in ambienti con determinate caratteristiche.
Le ali e gli occhi
Un classico esempio di omoplasia sono le ali, sviluppate in maniera indipendente da specie diverse come gli uccelli, i pipistrelli, alcuni dinosauri e gli insetti decine di milioni di anni fa. Sia negli uccelli che nei pipistrelli le ali in origine erano utilizzate per camminare e infatti contengono ancora tracce delle ossa tipiche delle dita. Pur avendo forme differenti (nei pipistrelli sono costituite da pelle che unisce le ossa mentre negli uccelli sono ricoperte da piume), le ali si sono progressivamente sviluppate in entrambe le specie perché il volo è diventato essenziale per la sopravvivenza nelle rispettive nicchie in cui si sono evolute.
Gli occhi sono forse l’esempio più evidente di convergenza perché sono presenti in quasi tutte le specie ad eccezione di quelle che vivono sotto terra o negli abissi. Gli occhi degli uomini e del polpo hanno più o meno la stessa struttura nonostante il più recente antenato comune abbia vissuto circa 550 milioni di anni fa e possedesse solo una forma rudimentale di pigmentazione sensibile alla luce.
La convergenza e gli uomini
Se applichiamo il concetto di convergenza al mondo degli uomini, ci rendiamo conto di come i nostri tratti e i nostri comportamenti siano in gran parte il risultato del nostro adattamento alle pressioni a cui siamo sottoposti nelle nicchie in cui ci troviamo ad operare. Quindi, secondo questa logica, possiamo ipotizzare che ambienti simili in termini di pressioni e incentivi tendano a produrre gli stessi comportamenti e risultati.
La convergenza spiega quindi il perché popoli di culture, età e geografie diverse nel corso dei secoli abbiano sviluppato utensili, raccontato storie e leggende, cucinato cibi e si siano organizzati in strutture sociali con caratteristiche molto simili tra di loro. In sostanza hanno trovato soluzioni analoghe quando si sono trovati ad affrontare la stessa tipologia di problemi.
Il principio di convergenza ci spinge a fare due riflessioni.
La prima è che l’ambiente ha un impatto determinante sul comportamento. Quando osserviamo un comportamento di un’altra persona che ci appare strano o negativo, invece di giudicarlo proviamo a pensare che se cosa accadrebbe se anche noi ci trovassimo ad operare nella sua stessa “nicchia”: probabilmente potremmo sviluppare dei tratti o delle caratteristiche simili. Un approccio realmente empatico deve considerare anche l’ambiente e le sue influenze sull’individuo piuttosto che focalizzarsi solamente sul suo comportamento e sui suoi risultati.
La seconda considerazione è che quasi sempre tendiamo a sottovalutare che problemi analoghi abbiano soluzioni analoghe. Quasi sempre pensiamo che la nostra situazione sia specifica e in qualche modo unica e questo ci porta ad ignorare le soluzioni che sono state utilizzate da altri in situazioni simili. Così come i pipistrelli e gli uccelli hanno trovato una soluzione analoga al problema del volo, molto spesso quello che funziona per altri potrebbe funzionare anche per noi.
“Impara dagli errori degli altri. Non vivrai abbastanza per farli tutti da solo.” (Eleanor Roosevelt)
Bibliografia:
Farnam Street. The Great Mental Models. Vol.2. Latticework Publishing, 2019.