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In assenza di una cultura funzionale al contesto competitivo in cui l’azienda opera, qualsiasi strategia può risultare inefficace.
Nell’ottobre del 2013, dopo aver raccolto 200 milioni di capitale in un round di finanziamento guidato dal fondo di Venture Capital Founders Fund, i manager di AirBnB decisero di invitare Peter Thiel, uno dei partner di Founders Fund, in sede per un incontro. Lo portarono in una sala riunioni e iniziarono a presentare una serie di grafici e di dati per fargli vedere l’andamento dell’azienda.
Ad un certo punto Brian Chesky, il CEO di AirBnB, chiese a Thiel quale fosse il consiglio migliore che potesse dargli. Thiel, non parlò di metriche finanziarie o di strategie per potenziare l’effetto network ma sorprendendo tutti rispose: “Non mandate a putt…la vostra cultura”. Thiel spiegò infatti che il motivo principale per cui aveva investito in AirBnB era perché era rimasto affascinato dalla loro cultura aziendale.
“Nessuna azienda ha una cultura; ogni azienda è una cultura.” (Peter Thiel)
La cultura aziendale
La cultura aziendale è difficile da valutare perché è qualcosa di intangibile, non esiste una riga all’interno del bilancio che riesce a catturarla. Per questo molti manager tendono a sottovalutarla, commettendo un grande errore.
Ma in cosa consiste? La cultura può essere definita come una caratteristica emergente di un collettivo che deriva dall’interazione e dai comportamenti dei singoli. La cultura tende a consolidarsi e ad emergere nel tempo perché gli individui, per ragioni evolutive, tendono a conformarsi e a copiare quello che fanno gli altri.
In azienda la cultura è influenzata in maniera determinante dal sistema di incentivi e punizioni: le persone notano i comportamenti che vengono ricompensati e tendono a farli propri mentre evitano quelli che vengono penalizzati.
Un test immediato per capire la cultura di un’azienda è far completare a tutti i membri di un team gli spazi vuoti di questa frase
Le persone che ____________ vengono promosse e ricompensate. Le persone che ______ vengono ignorate, penalizzate e spesso costrette ad andarsene.
Per esempio, in molte aziende la frase potrebbe essere completata in questo modo:
Le persone che gestiscono bene le relazioni politiche e che passano il tempo a far credere di lavorare molto vengono promosse e ricompensate. Le persone che tengono la testa bassa, lavorano duro e non si lamentano mai vengono ignorate, penalizzate e spesso costrette ad andarsene.
Questa situazione è molto diffusa (e pericolosa) perché rappresenta una tendenza di default che tende a prevalere naturalmente se non viene contrastata con dei processi molto chiari per assunzioni, performance review e promozioni.
Non esiste una sola cultura aziendale
Sono stati scritti molti libri per documentare quali siano le caratteristiche comuni che contraddistinguono la cultura di aziende di successo e i tratti individuati sono più o meno sempre gli stessi: orientamento alla performance, onestà, meritocrazia, fiducia nei colleghi, sicurezza psicologica, focus sui fatti e così via.
A partire da questi ingredienti base, che comunque non sono scontati e rappresentano le condizioni necessarie di partenza, ogni azienda deve poi sviluppare una cultura che sia funzionale ed efficace in relazione al contesto competitivo e di mercato in cui si trova ad operare.
La cultura aziendale di Amazon è rinomata per avere il “cliente al centro”. Questo principio è stato instillato da Bezos non perché sia buono o altruista: in Amazon hanno calcolato che avere clienti soddisfatti è una condizione necessaria per innescare il circolo virtuoso su cui si basa il vantaggio competitivo del loro business model. Più clienti significano minori costi fissi per unità di venduto e più venditori terzi sul Marketplace. Ciò determina una maggiore selezione di prodotti a prezzi più bassi che a sua volta fa crescere ancora i clienti innescando e sostanziando il circolo virtuoso. Per cui avere una cultura che a tutti i livelli tende a premiare il cliente è una scelta strategica: si preferisce avere margini più bassi nel breve per far crescere il valore del brand nel lungo periodo. Avete mai provato a chiamare il customer service di Amazon per risolvere un problema? Nel dubbio tendono sempre a trovare una soluzione veloce che soddisfa il cliente.
Uno dei principi guida di Facebook fin dall’inizio è stato “vai veloce e rompi le cose”: Facebook doveva muoversi velocemente per costruire un effetto network che scavasse un solco competitivo rispetto agli altri social media. La velocità nello sviluppare nuove applicazioni è stata fondamentale per consolidare il valore del brand mentre i costi in termini di errori sono stati messi in secondo piano. Se Facebook per qualche motivo ha un crash di un’ora è sicuramente un disturbo per gli utilizzatori ma non è la fine del mondo.
Al contrario un’azienda che gestisce centrali nucleari probabilmente dovrà porre l’accento su aspetti diametralmente opposti a quelli di Facebook, cercando di privilegiare la sicurezza e il controllo del rischio rispetto alla velocità perché anche un singolo errore potrebbe portare a conseguenze devastanti.
Le azioni che guidano la cultura
La cultura non viene costruita attraverso presentazioni di Powerpoint o documenti con l’elenco dei valori pubblicati sulla intranet aziendale.
Il documento che definiva la cultura di Enron, fallita miseramente nel 2001, parlava di “Rispetto e Integrità” mentre uno dei manager più importanti, Lou Pai, era famoso per la sua vita dissoluta negli strip club di Houston. Allo stesso tempo venivano premiate politiche commerciali aggressive dove erano contabilizzati come ricavi ordini che l’azienda non era in grado di soddisfare.
Quello che conta quindi non sono tanto le parole o i documenti, ma le azioni visibili e con costi potenzialmente elevati che i manager sono disposti a compiere per innescare e consolidare nel tempo i principi fondanti della cultura aziendale.
Ai tempi in cui Facebook usava il principio “vai veloce e rompi le cose” i manager avevano deciso che gli ingegneri nuovi assunti avrebbero dovuto scrivere un codice che sarebbe andato “live” già il primo giorno di lavoro. E’ ovvio che questa era una scelta rischiosa e potenzialmente molto costosa, perché la probabilità che commettessero un errore era molto elevata visto che i nuovi ingegneri non erano esperti dei sistemi Facebook. Tuttavia i manager, incentivando questo comportamento e accettando il rischio che si potessero determinare dei bug, segnalavano in maniera chiara ai nuovi entranti come fosse ok “rompere le cose” se l’obiettivo era quello di “andare veloce” nell’introdurre nuove applicazioni. In sostanza era il prezzo da pagare per affermare uno dei principi chiave della cultura aziendale di Facebook.
In un’intervista del 1997, Bill Gates ha affermato di aver continuato a scrivere codici che andavano in produzione fino al 1989 quando l’azienda aveva già raggiunto 800 milioni di dollari di fatturato. È ovvio che qualsiasi altro ingegnere di Microsoft avrebbe potuto scrivere quei codici con la stessa efficacia e quindi, a prima vista, quello non sembrava un uso molto efficiente del tempo di Gates. Tuttavia Gates lo faceva di proposito perché voleva segnalare quanto fosse importante scrivere codici e sviluppare nuove applicazioni per il successo futuro di Microsoft. Ogni sviluppatore si sentiva valorizzato e al centro del progetto visto che il CEO dell’azienda faceva (in parte) il suo stesso lavoro!
Allo stesso modo in un’intervista del 2020 Bezos ha dichiarato di avere ancora un indirizzo email jeff@amazon.com in cui riceveva i feedback dei clienti: “Si, guardo ancora quell’indirizzo di posta e mi soffermo su alcuni messaggi interessanti che riguardano disservizi o difetti. Tratto ogni problema come un’opportunità per migliorare.” Quando trovava un problema importante, lo inoltrava ai team di riferimento: “così quando lo risolvi, non lo fai solo per quel cliente ma per tutti, e questa è una parte fondamentale di quello che facciamo.” E’ ovvio che questo comportamento, in termini di costo opportunità, potrebbe sembrare uno spreco incredibile del tempo di Bezos. Tuttavia è un segnale visibile e costoso per tutti i colleghi di quanto sia importante essere reattivi di fronte alle esigenze dei clienti: è un modo per costruire quella cultura del “cliente al centro” e fare in modo che non rimanga solo un principio sulla carta.
Il valore delle azioni di Gates e Bezos non sta ovviamente nello scrivere un codice o nel leggere le email: compiendo queste azioni che hanno un costo evidente e rendendole trasparenti e visibili, i manager pongono le basi per costruire una cultura e un insieme di principi che altre persone nell’azienda possono imitare e consolidare. Da questo punto di vista sono azioni che hanno un valore ed una leva altissima nonostante alcuni manager li possano giudicare solo uno spreco di tempo.
Reed Hastings, fondatore di Netflix, ha iniziato a prendersi periodi di ferie in maniera regolare perché si è reso conto che molti collaboratori cercavano di tenere il suo passo e quindi rischiavano un esaurimento e di lasciare l’azienda per periodi prolungati o definitivamente. Concedendosi delle vacanze e rendendolo visibile, lanciava a tutti un segnale che fosse ok fare le ferie e staccare la spina per rilassarsi. Anche se quella decisione rappresentava un costo in termini della sua produttività personale, aveva un impatto positivo considerevole sulla produttività aziendale complessiva.
Conclusioni
Peter Drucker, il leggendario consulente aziendale, ha affermato “la cultura si mangia la strategia a colazione”: in assenza di una cultura funzionale al contesto competitivo in cui l’azienda opera, qualsiasi strategia può risultare inefficace.
“La cultura si mangia la strategia a colazione.” (Peter Drucker)
La cultura aziendale non si coltiva con slogan scritti su documenti o presentazioni ma è funzione del sistema di incentivi e disincentivi presenti in azienda. I manager possono avere un ruolo determinante nel definire la cultura aziendale: attraverso azioni visibili e che hanno un costo in termini di tempo o risorse, possono lanciare dei segnali importanti sui principi chiave dell’azienda che hanno un impatto sui colleghi enormemente superiore rispetto a mere dichiarazioni di intenti.
Bibliografia:
CNBC. Jeff Bezos keeps his Amazon email address public—here’s why. cnbc.com, 23 novembre 2020.
Pearson, Taylor. Company Culture & How It Can Be Worth $150 Million. taylorpearson.me.