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In tutti gli ambiti dominati dall’incertezza occorre spostare il focus dai risultati al processo decisionale.
Paul DePodesta è oggi capo della strategia dei Cleveland Browns, una delle squadre di football americano della NFL. Negli anni 2000 è salito alla ribalta della cronaca per la sua esperienza come assistente di Billy Beane, allora General Manager degli Oakland Athletics, squadra della Major League di Baseball. I due sono stati in grado di ottenere risultati sorprendenti nonostante il budget più limitato della lega, grazie alle competenze di DePodesta nella sabermetrica, cioè la scienza che utilizza statistiche e algoritmi per individuare i giocatori più promettenti e sottovalutati. Nel 2002 gli Oakland riuscirono a vincere addirittura 20 partite di fila, record ancora imbattuto per l’American League.
Le metodologie di DePodesta e Beane suscitarono l’interesse di Michael Lewis che ne descrisse la storia nel libro Moneyball: l’arte di vincere, poi diventato anche un film di successo interpretato da Brad Pitt (Beane) e Jonah Hill (DePodesta), assolutamente da vedere.
La sabermetrica è oggi diventata in tutti gli sport, compreso il calcio, la strategia di riferimento per valutare la qualità dei giocatori.
Processo vs risultato
La metodologia di DePodesta per individuare atleti promettenti era quella di analizzare un’ampia base di informazioni in maniera obiettiva e statistica, cercando di capire quando c’era una discrepanza tra quanto dicevano i dati e le valutazioni dei giocatori. Una metodologia molto differente da quella utilizzata dagli esperti di mercato delle altre squadre che si basavano più sull’esperienza, sul fiuto e sulle relazioni.
È ovvio quindi che DePodesta avesse un focus estremo sul processo decisionale. Nel 2008 racconta i ragionamenti che fece dopo una serata a Las Vegas al tavolo del blackjack:
C’era questo giocatore di fianco a me che ad un certo punto si vede servire alla seconda carta un 17. Il banco stava voltandosi verso un altro giocatore, quando l’uomo esclamò: “banco voglio una carta vincente!”. Il banco rispose: “sei sicuro?” e di fronte al sì gli servì la carta: era un 4. Tutti quelli attorno al tavolo iniziarono ad esultare e a darsi dei cinque. Il banco si limitò a dire laconicamente: “bel colpo”.
Allora pensai: “Bel colpo? Bel colpo per il casinò, ma una mossa terribile per il giocatore. La decisione non è giustificabile solo perché ha funzionato.”
Allora passai il resto della serata a pensare a come funzionassero tutti quei giochi. Il casinò aveva sicuramente un processo vincente: le probabilità erano in favore della casa il che significava che anche se non avessero vinto tutte le mani avrebbero comunque vinto nel lungo periodo.
Anche il baseball può essere interpretato allo stesso modo: su 162 partite all’anno non tutte possono essere vinte ma basta un 60% di risultati positivi per considerare buona una stagione. Occorre quindi focalizzarsi sull’individuazione di un processo vincente e non sui risultati delle singole partite, come fa il casinò.
Il modo in cui DePodesta ragiona è rappresentato dalla tabella sottostante, estrapolata da un articolo di Russo e Schoemaker: risultati positivi possono anche derivare da scelte sbagliate se abbiamo fortuna (quadrante in basso a sinistra) così come risultati negativi a volta accadono anche in presenza di un processo decisionale corretto (quadrante in alto a destra).
Risultato Positivo | Risultato Negativo | |
Processo corretto | Abilità | Sfortuna |
Processo errato | Fortuna | Errore |
A tal proposito DePodesta afferma:
Tutti vorrebbero essere nel quadrante in alto a sinistra: avere un buon processo decisionale che porta a risultati positivi. Lì è dove si posizionano i casinò di Las Vegas e dove vogliamo essere noi con gli Oakland Athletics. Il quadrante in alto a destra è la dura realtà che si affronta in tutti i settori, sportivi e aziendali, dominati dall’incertezza. Anche un buon processo decisionale può portare a risultati negativi nel mondo reale, ed è una cosa che succede molto di frequente. Questo è quello che è successo al casinò quando il giocatore al mio fianco ha chiesto una carta con un 17 e ha vinto.
Per quanto il quadrante in alto a destra possa sembrare molto duro, il peggiore è quello in basso a sinistra, quando un processo errato porta ad un risultato positivo. Questo è il classico lupo travestito da pecora che ti concede un successo temporaneo ma che ti impedisce di avere un successo sostenibile: è il processo decisionale del giocatore che con il 17 ha chiesto una carta e ha vinto. Magari ha pensato di aver fatto una grande giocata.
E qui sta il tema: è incredibilmente difficile guardarsi allo specchio dopo una vittoria, ogni vittoria, e ammettere di essere stati fortunati. Tuttavia se non lo fai, rimarrai preda del cattivo processo decisionale e i buoni risultati non si ripeteranno in futuro.
Ogni tanto succede che una squadra con un cattivo processo vinca il campionato. Tuttavia, le organizzazioni vincenti vogliono stare solo nella parte alta della matrice. Alcuni anni capiterà di posizionarsi sulla parte destra, ma in gran parte del tempo si rimarrà sulla parte sinistra. In sostanza vogliamo essere un’organizzazione vincente che possa portare a molte vittorie della squadra.
È chiaro che non possiamo promettere di vincere perché ci sono troppe incertezze, troppe cose che non possiamo controllare. Detto questo, possiamo controllare il nostro processo decisionale. Quello che so, è che il nostro processo migliora anno dopo anno.
E’ incredibilmente difficile guardarsi allo specchio dopo una vittoria, ogni vittoria, e ammettere di essere stati fortunati (Paul Depodesta).
Conclusioni
Il pensiero espresso da DePodesta è molto chiaro: in tutti gli ambiti dominati dall’incertezza occorre spostare il focus dai risultati al processo, che è l’unica cosa che può essere controllata. I risultati non solo non possono essere controllati, ma possono dare delle indicazioni sbagliate nel breve termine, se non siamo in grado di interpretarli correttamente: infatti si può cadere vittime dell’outcome bias, anche definito resulting dai giocatori di poker, cioè la distorsione cognitiva che ci porta a giudicare la qualità delle decisioni sulla base del risultato e non del processo utilizzato per decidere. Come abbiamo visto, è sicuramente possibile ottenere cattivi risultati anche se abbiamo fatto scelte corrette e viceversa (quadranti in basso a sinistra e in alto a destra).
L’obiettivo deve essere quindi quello di spostarsi sulla parte alta della matrice, cioè lavorare per costruire un corretto processo decisionale: solo così si può incrementare la probabilità di ottenere risultati vincenti.
Bibliografia
Montier, James. Value Investing. John Wiley & Sons, 2009.