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Le aziende che applicano il modello biologico acquisiscono un vantaggio competitivo di lungo periodo.
E’ possibile incrementare la resilienza delle aziende facendo riferimento ad un modello biologico. Questo articolo è la continuazione di Biologia e resilienza (parte 1): dal sistema immunitario alle aziende.
Kodak e Fujifilm
Nel gennaio del 2012 Kodak dichiarò fallimento. L’industria delle pellicole era entrata in crisi alla fine degli anni ‘90 a seguito dello sviluppo delle macchine digitali: dopo il picco raggiunto nel 2000, il mercato subì una contrazione del 90% nei successivi 10 anni. Tuttavia Fujifilm, il principale competitor di Kodak nelle pellicole non solo riuscì a sopravvivere ma addirittura continuò a crescere. Come fu possibile? Fujifilm utilizzò le competenze acquisite nel campo della chimica e dei materiali per diversificare l’attività in settori molto differenti: dalla cosmetica ai prodotti farmaceutici, dai sistemi medici ai biomateriali. A detta del CEO Komori, la strategia di Fujifilm funzionò perché furono in grado di crearsi più opzioni rispetto ai competitors: alcuni tentativi fallirono, ma in aggregato il portafoglio di nuove attività ebbe successo. L’azienda giapponese è ad esempio in prima linea nella lotta contro il Covid: Fujifilm Diosynth è attiva nella produzione in outsourcing di vaccini e anticorpi monoclonali. Fujifilm è stata quindi in grado di sopravvivere al crollo della sua industria di riferimento applicando i principi di prudenza, diversità e adattamento.
“Un CEO e ogni top manager, deve pensare al futuro 20 o 30 anni avanti, e anche di più, per assicurarsi che l’azienda possa sopravvivere e prosperare.” (Shigetaka Komori)
Toyota e Ericsson
Nel febbraio del 1997 un incendio catastrofico distrusse completamente la fabbrica di Aisin Seiki, che forniva il 99% delle valvole per i sistemi frenanti utilizzati da Toyota. A seguito della strategia just in time adottata per la gestione del magazzino, che prevedeva il mantenimento di uno stock pari solo a 4 ore di produzione, Toyota fu costretta a interrompere improvvisamente gli impianti. Tuttavia Toyota e Aisin crearono subito un’unità di crisi coinvolgendo gli altri fornitori del network di Toyota che si resero subito disponibili a collaborare nella produzione di valvole grazie al supporto tecnico di Aisin. Nonostante gli osservatori avessero previsto uno stop di svariate settimane, Toyota fu in grado di riattivare la produzione a pieno ritmo dopo solo 5 giorni. Toyota sfruttò quindi la modularità e la ridondanza del suo network di fornitori che furono in grado di riconvertire velocemente la produzione. Inoltre la fedeltà dimostrata dai fornitori che non esitarono ad aiutare Toyota senza negoziare il prezzo del loro servizio, dimostra l’importanza di essere perfettamente integrati nell’ecosistema in cui si opera e il valore delle relazioni di lungo periodo. Una volta risolto l’inconveniente, Toyota e Aisin ricompensarono molto generosamente i fornitori per la loro collaborazione.
Tre anni dopo, nel marzo 2000, un incendio fece gravi danni nell’impianto di microchip di Philips nella località di Albuquerque, che dovette rimanere chiuso per diverse settimane. Ericsson, che negli anni ‘90 era uno dei principali produttori di telefonini, aveva adottato una strategia che prevedeva un solo fornitore per ogni componente chiave, e per i microchip era stato selezionato Philips. Ericsson non fu in grado di individuare rapidamente una strategia di back up e dovette interrompere la produzione per un lungo periodo: nel 2000 la divisione telefonini perse 1,7 miliardi di dollari e nel 2001 fu costretta a fondersi con Sony.
3M
Il Covid 19 è stato una sorpresa per molte aziende, ma non per 3M, una dei maggiori produttori mondiali di mascherine: anzi era una situazione per cui l’azienda del Minnesota si stava preparando da circa 20 anni. Dopo l’esperienza della SARS del 2002-03, 3M si rese conto della necessità di costruire un eccesso di capacità produttiva negli impianti di produzione di mascherine per far fronte all’esplosione di domanda che si determinava in caso di “X factor”, la definizione di 3M per un evento imprevisto. Gli impianti furono dotati di linee di assemblaggio aggiuntive “dormienti”, pronte ad essere attivate; i fornitori furono avvisati delle procedure di emergenza e furono costituiti dei team specializzati che si sarebbero attivati in caso di crisi: 3M quindi ha completamente abbracciato i principi di ridondanza e prudenza. Con l’arrivo del Covid, 3M è stata in grado di raddoppiare già entro maggio 2020 la produzione di mascherine a 100 milioni di pezzi al mese ed è arrivata a 2 miliardi all’anno prima di marzo 2021.
3M è stata inoltre favorita dal design modulare del proprio modello di produzione incentrato sul principio di “local for local”: l’impianto è vicino sia ai fornitori dei materiali che ai clienti. I respiratori per il mercato cinese sono fatti in loco, per il mercato americano negli Stati Uniti e così via. In questo modo 3M ha evitato la disruption della supply chain a cui sono andate incontro gran parte delle aziende durante la prima fase del Covid.
Il valore della resilienza: la performance di lungo periodo
Quanto vale la resilienza? Un recente studio di Boston Consulting Group ha cercato di approfondire il valore e le dinamiche della resilienza, analizzando la performance di 1800 aziende americane quotate in borsa nel periodo 1995-2020. Nello specifico, è stata valutata la performance relativa di ciascun azienda rispetto al settore di appartenenza durante i trimestri di crisi, in cui la performance del settore ha subito una contrazione superiore al 15%. I ricercatori hanno definito resilienti quelle aziende che hanno sovraperformato il proprio settore di riferimento in almeno l’80% dei trimestri di crisi. Ebbene il risultato è stato significativo: le aziende resilienti, circa il 15% del totale, hanno avuto una performance media annua di oltre il 5% superiore al proprio settore nei 25 anni analizzati.
La resilienza ha quindi un impatto positivo molto significativo sulla performance di lungo periodo. Nello specifico, come ben evidenziato nella figura 1, durante una crisi le aziende resilienti:
- subiscono un impatto immediato più contenuto (ridondanza, diversità, prudenza, modularità)
- hanno una velocità e un’entità del recupero decisamente superiore (adattamento, integrazione nell’ecosistema)
La resilienza durante le crisi genera quindi un vantaggio competitivo che viene capitalizzato nel lungo periodo.
La resilienza di Berkshire Hathaway
Berkshire Hathaway è il classico esempio di azienda resiliente che applica alla lettera il modello biologico: ridondanza (margine di sicurezza) e prudenza sono principi cardine dell’operato di Warren Buffett. Diversità e modularità sono altri aspetti che caratterizzano Berkshire: la struttura è quella di una holding di aziende che operano in business diversi, completamente autonome e separate da un punto di vista operativo e finanziario: l’unica funzione centralizzata è l’allocazione di capitale della holding effettuata da Buffett.
Ebbene lo studio di Boston Consulting dimostra come la sovraperformance di Berkshire Hathaway rispetto al settore di riferimento nel periodo 1995-2020 (vedi figura 2) è dovuta quasi esclusivamente alla migliore performance in 15 dei 17 trimestri di crisi. Durante i trimestri “positivi”, Berkshire ha infatti generalmente sottoperformato il proprio settore. Come sostenuto da Munger “é incredibile il vantaggio di lungo periodo che persone come noi hanno acquisito semplicemente cercando in maniera costante di non essere stupidi, piuttosto che cercare di essere troppo intelligenti.”
Perché é difficile rafforzare il sistema immunitario dell’azienda
Le misure necessarie per incrementare la resilienza sono difficili da implementare perché hanno un costo in termini di minore efficienza e richiedono di sacrificare parte della performance di breve per incrementare la sostenibilità di lungo periodo. Visto che i benefici della resilienza sono latenti e difficilmente misurabili mentre i guadagni in termini di efficienza sono immediati, i manager tendono naturalmente a focalizzarsi su questi ultimi. Il modello adottato continua quindi privilegiare una metodologia di “pensiero meccanico” che si basa sullo sviluppo di business plan con target ben definiti che assumono relazioni di causalità chiare e prevedibili; focalizzarsi sulla resilienza significa invece riconoscere il ruolo dell’incerto e dell’improbabile, ridimensionando il valore attribuito a previsioni e obiettivi.
Nel modello di capitalismo attuale inoltre, ogni azienda è considerata come un’isola da ottimizzare individualmente. La resilienza invece è strettamente correlata alla salute dell’ecosistema in cui si opera: un’azienda non può essere solida se il sistema di fornitori, clienti e il tessuto sociale con cui interagisce sono in crisi.
Il modello di “pensiero meccanico”, basato sulla previsione e sulla pianificazione, è efficace in contesti operativi relativamente stabili e prevedibili. A partire dalla metà degli anni ‘80 tuttavia, l’avvento della globalizzazione unito alla rivoluzione tecnologica e digitale, hanno reso gran parte dei business molto più dinamici e imprevedibili. Per questo è oggi necessario fare riferimento anche al “pensiero biologico” e ai suoi principi per rafforzare il sistema immunitario delle aziende e preservarne la longevità a fronte di un contesto operativo sempre più complesso.
E’ quindi importante:
-riconoscere che le crisi hanno un impatto determinante sulla performance di lungo periodo e che quindi sia necessario prepararsi per eventi incerti e imprevedibili adottando un approccio probabilistico
–pensare in termini di sistema e focalizzarsi sulla collaborazione: la resilienza dell’azienda dipende in gran parte da quella del sistema in cui opera
–ridefinire gli incentivi per i manager, bilanciando gli obiettivi di efficienza e di breve periodo, con quelli di creazione di valore nel lungo periodo. In particolare si dovrebbe esplicitare “cosa vuol dire resilienza” per l’azienda e le azioni da mettere in atto per perseguirla.
Bibliografia:
Gruley, Bryan e Clough, Rick. How 3M Plans to Make More Than a Billion Masks By End of Year. Bloomberg Businessweek, March 2020.
Reeves, Martin; Nanda, Saumeet; Whitaker, Kevin e Wesselink Edzard. Becoming an All-Weather Company. BCG Henderson Institute, September 2020.
Reeves, Martin; Levin, Simon; Ueda, Daichi. The Biology of Corporate Survival. Harvard Business Review, February 2016.
Reeves, Martin e Levin, Simon. Building a Resilient Business Inspired by Biology. Scientific American, March 2017.
Reeves, Martin e Whitaker, Kevin. A Guide to Building a More Resilient Business. Harvard Business Review, July 2020.