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Per incrementare la longevità delle aziende e renderle più resilienti occorre applicare una serie di principi che derivano dalla biologia.
Negli ultimi 30 anni l’ambiente in cui operano le aziende ha subito una profonda trasformazione come conseguenza dello sviluppo tecnologico e della globalizzazione dell’economia: il contesto competitivo non è mai stato così dinamico, interconnesso e imprevedibile. Quali sono stati gli impatti sulle aziende?
La longevità aziendale
Martin Reeves e Simon Levin, nell’articolo “The Biology of Corporate Survival” hanno analizzato la longevità di circa 30.000 aziende quotate sul mercato americano negli ultimi 50 anni. I risultati, riportati nella figura 1, sono sorprendenti: le aziende stanno scomparendo ad un tasso decisamente superiore rispetto al passato.
A partire da metà degli anni ‘80, l’età media delle aziende si è ridotta progressivamente passando da 50 a 30 anni. Ma il risultato più sconcertante è che oggi le società quotate in borsa hanno più del 30% di probabilità di scomparire nei prossimi 5 anni a causa di fallimento, liquidazione o M&A, un tasso sei volte superiore rispetto a 40 anni fa.
La contrazione della vita media delle aziende è da ricondursi alla difficoltà di adattamento ad un ambiente sempre più complesso, competitivo e dinamico: molte aziende infatti sono rimaste ancorate ad un approccio strategico che era funzionale per il contesto più stabile e prevedibile del vecchio mondo ma che non vale più per il nuovo.
L’esempio del sistema immunitario
Quali sono i fattori su cui si può intervenire per aumentare la resilienza e quindi l’aspettativa di vita di un’azienda?
L’intuizione di Martin Reeves, esperto di strategia aziendale presso Boston Consulting Group e Simon Levin, professore di Biologia e Matematica all’Università di Princeton, è che la risposta può essere trovata nel campo della biologia attraverso lo studio dei sistemi viventi ed in particolare del sistema immunitario dell’uomo: è grazie al sistema immunitario se il genere umano è stato in grado di adattarsi e sopravvivere per migliaia di anni in contesti molto differenti.
Il sistema immunitario presenta sei caratteristiche distintive. Innanzitutto punta sul concetto di ridondanza e diversità: anche se non sono necessari in ogni particolare momento, abbiamo costantemente in circolo milioni di globuli bianchi, pronti ad attivarsi in caso di imprevisto. Inoltre ci sono diverse tipologie di leucociti, cellule B, T, natural killer, anticorpi e così via: ogni componente utilizza un approccio difensivo differente e questo ci consente di affrontare qualsiasi tipo di situazione patogena. Il design del sistema immunitario è modulare: c’è la prima protezione rappresentata dalla pelle, poi il sistema immunitario innato che si attiva rapidamente e infine il sistema adattivo che interviene in situazioni specifiche. Quando un sistema fallisce, si mette in moto quello successivo in modo tale da avere meccanismi di back up. Il sistema è adattivo: tramite un processo di selezione evolutiva accelerato è in grado di generare anticorpi con caratteristiche specifiche per contrastare l’invasore, anche se non l’aveva mai incontrato prima. E’ incredibilmente prudente: si mette in moto per ogni minaccia, anche le più piccole, e mantiene memoria di tutte quelle passate nel caso dovesse affrontarle di nuovo. Infine collabora in maniera perfetta con l’ecosistema più ampio in cui è inserito, cioè il corpo umano (integrazione con l’ecosistema).
Reeves e Levin hanno verificato come questi sei principi siano le fondamenta per la sopravvivenza nel tempo non solo del genere umano e del suo sistema immunitario, ma anche di tutti gli altri sistemi biologici. Ma non solo: analizzando centinaia di aziende hanno notato come le stesse proprietà siano tipiche di business resilienti e di lunga durata mentre sono solitamente assenti nelle aziende che sono scomparse velocemente.
Come rafforzare il sistema immunitario dell’azienda
Applicando i sei principi è possibile rafforzare il sistema immunitario dell’azienda ed incrementare la resilienza.
Ridondanza: consiste nel predisporre dei cuscinetti, dei margini di sicurezza per far fronte a shock improvvisi. La ridondanza operativa è costituita da un eccesso di capacità produttiva, da una pluralità di fornitori anche in sovrapposizione, dal mantenimento di un livello adeguato di scorte in magazzino, da un back-up di personale per le funzioni critiche e permette di gestire le fluttuazioni della domanda e potenziali interruzioni della supply chain. E’ possibile creare ridondanza in maniera intelligente nel processo di produzione utilizzando componenti generici o interscambiabili in molti prodotti, cercando di standardizzare quante più fasi possibili. Ad esempio Intel, una delle aziende più resilienti del settore tecnologico, ha costruito gli impianti di produzione dei semiconduttori con layout identici dei macchinari e dei processi. In questo modo è in grado di riallocare risorse e personale da un impianto di produzione all’altro in caso di necessità.
C’è poi la ridondanza finanziaria che consiste in un gestione conservativa del cash e del debito: oltre a consentire la sopravvivenza dell’azienda in caso di shock, crea molteplici opportunità strategiche durante le crisi perché consente di effettuare acquisizioni a prezzi scontati. Non è un caso se il concetto di margine di sicurezza è uno dei principi chiave della filosofia d’investimento di Warren Buffett e della gestione operativa di Berkshire Hathaway.
“Noè non ha aspettato che piovesse per iniziare a costruire l’Arca.” (Warren Buffett)
Il Covid 19 ha messo immediatamente in evidenza le fragilità di un sistema ottimizzato e senza margini di sicurezza.
Diversità: avere una diversificazione dei ricavi in termini di prodotto, clientela, geografia e canali di distribuzione aumenta la resilienza perché durante una crisi non tutti i segmenti reagiscono allo stesso modo. E’ importante anche una diversità operativa in termini di fonti energetiche e fornitori. Quando nel Dicembre 2001 dichiarò fallimento, UPF-Thomson era l’unico fornitore di componenti per il telaio della Land Rover Discovery. L’evento trovò Land Rover completamente impreparata: per sostituire UPF con un nuovo fornitore avrebbe dovuto interrompere la linea di produzione per circa 9 mesi, evento ovviamente non gestibile. Fu così che Land Rover fu costretta a salvare UPF facendosi carico del suo debito.
Non meno importante però è la diversità cognitiva che i leader dovrebbero favorire in azienda. Il punto di partenza è assemblare team composti da individui con background e modi di pensare differenti. Ma non solo: occorre stimolare una cultura aziendale ed una metodologia di lavoro che sia in grado di far emergere e valorizzare le diversità di pensiero piuttosto che penalizzarle.
Non è un caso se la biodiversità, cioè la varietà degli organismi che vivono in un determinato ecosistema, sia un indicatore fondamentale della sua resilienza.
Modularità: un sistema costruito come un insieme di moduli indipendenti ha il vantaggio di evitare che una crisi locale possa propagarsi e diventare globale. La modularità può impattare ad esempio il design della supply chain, che può essere fortemente concentrata a livello globale, con il vantaggio di economie di scala ma maggiormente vulnerabile in caso di disruption, oppure avere un carattere più locale. O può avere ad esempio il carattere di separazione finanziaria tra business ad alto rischio e business core, per esempio attraverso la creazione di società controllate. Nel 2015 in Google decisero di creare Alphabet, una holding che controlla tutte le attività del gruppo, mantenendo però una separazione societaria e finanziaria tra i diversi business. Nel marzo 2020 Waymo, l’azienda del gruppo che sviluppa veicoli a guida autonoma e che per gli investimenti necessari consuma molta cassa, ha ottenuto più di 2 miliardi di dollari di capitale da investitori esterni, senza impatti sulla posizione finanziaria di Alphabet.
La modularità riguarda anche il processo decisionale e la struttura organizzativa: i manager aziendali che lavorano in contesti e aziende complesse dovrebbero privilegiare una struttura decentralizzata caratterizzata da unità operative con elevata autonomia decisionale. Prima che una crisi periferica possa raggiungere i manager del corporate center, coloro che sono “vicini all’azione” possono comprendere meglio cosa sta succedendo e, se ne hanno la facoltà, possono reagire velocemente, aumentando le probabilità di contenere il contagio. Ovviamente aziende con un modello integrato caratterizzato da forti connessioni tra business o aree geografiche hanno un vantaggio in termini di condivisioni di informazioni, processi e risorse ma sono decisamente più vulnerabili in caso di shock negativi.
La crisi del 2008 è un classico esempio di cosa può accadere in un sistema troppo connesso. Le banche commerciali hanno fornito credito ai clienti subprime; le banche d’investimento hanno impacchettato questi crediti creando dei prodotti in cui hanno investito i fondi comuni, gli hedge fund, i fondi pensione e le assicurazioni. Le compagnie assicurative hanno creato strumenti per proteggere gli investitori che investivano in questi prodotti. In sostanza, quando il subprime è entrato in difficoltà, la crisi si è propagata velocemente a tutti gli attori del sistema finanziario, nessuno escluso.
Proprio per evitare situazioni di questo tipo, dopo la crisi finanziaria del ‘29, il Congresso aveva emanato nel 1933 il Glass-Steagall Act che aveva separato le attività bancarie tradizionali da quelle d’investimento: l’obiettivo era quello di creare un sistema finanziario con moduli indipendenti per renderlo più resiliente a fronte di future crisi. Purtroppo la legge, che per decenni aveva evitato altre crisi sistemiche, fu abrogata nel 1999 perché considerata un ostacolo alla creazione di grossi gruppi finanziari.
Prudenza: a fronte di un ambiente incerto e imprevedibile, occorre adottare un approccio probabilistico. Questo significa porre enfasi su analisi di scenario e di stress test e valutare con attenzione anche eventi a bassa probabilità ma con impatto elevato definendo degli appropriati contingency plans e degli indicatori anticipatori di rischio. Proprio come fa il nostro sistema immunitario, nessuna minaccia deve essere sottovalutata e occorre mantenere memoria di quelle passate nel caso si dovessero ripresentare. Purtroppo gran parte delle aziende sono in grado di riconoscere una crisi solo quando è troppo tardi e si fanno trovare completamente impreparate: per esempio delle 100 più grandi aziende americane quotate che hanno discusso i risultati finanziari tra il 24 gennaio e il 24 febbraio 2020, appena prima dell’esplosione del Coronavirus fuori dalla Cina, solo 10 hanno analizzato i possibili impatti della pandemia sul business; le altre 90 probabilmente non avevano un contingency plan.
Adattamento: è la capacità di evolvere attraverso un processo induttivo che si basa su una continua osservazione dell’ambiente circostante e del feedback dei propri clienti unita ad un’attività di sperimentazione in grado di apprendere dai fallimenti (i cosiddetti “fallimenti intelligenti” che guidano l’attività di ricerca e sviluppo delle aziende della Silicon Valley). Le organizzazioni adattive sono quindi caratterizzati da processi e strutture che privilegiano la flessibilità e l’apprendimento rispetto alla stabilità.
La caratteristica di adattamento, richiede non solo di analizzare ed esplorare l’ambiente circostante ma anche la capacità di passare all’azione per implementare le modifiche. In natura le caratteristiche della specie vengono modificate se l’ambiente esterno lo richiede, anche se avevano funzionato perfettamente fino al momento precedente. Gran parte delle aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni, non sono sempre in grado di effettuare questo secondo step perché cambiare significherebbe cannibalizzare prodotti o business model ormai consolidati: cadono quindi vittime del “dilemma dell’innovatore”. Negli anni ‘90 in IBM, tutti erano perfettamente consapevoli della crescita dei PC e dell’importanza sempre maggiore del software. Tuttavia il business dei mainframe in cui erano leader era ancora così profittevole che decisero di non investire in maniera importante sul comparto PC, cioè non trasformarono in azione i segnali che avevano ricevuto dall’ambiente circostante.
Integrazione con l’ecosistema: per un successo di lungo periodo è fondamentale che l’azienda sia inserita perfettamente nell’ecosistema in cui si trova ad operare, costituito da dipendenti, fornitori, clienti, investitori e tessuto economico e sociale. Le aziende che cooperano con l’ecosistema e non puntano solamente alla massimizzazione del profitto hanno: dipendenti motivati che sono disposti a sacrificarsi quando necessario; fornitori leali che possono assecondare situazioni di difficoltà; clienti più fedeli e maggiore facilità nell’attrarre nuovi talenti nelle comunità in cui operano. Tutte caratteristiche che incrementano significativamente la solidità e la resilienza.
Le piattaforme sono un classico esempio di ecosistema dove i diversi partecipanti collaborano tra di loro per favorire la crescita. Basti pensare ad un sistema operativo aperto come Android: alla sua crescita lavorano non solo gli ingegneri di Google, ma anche quelli dei produttori di cellulari che lo utilizzano e i tecnici delle centinaia di aziende che sviluppano applicazioni.
L’analisi sulla relazione tra biologia e resilienza continua nell’articolo Biologia e resilienza (parte 2): l’impatto sulla performance aziendale, che sarà pubblicato nei prossimi giorni.
Bibliografia:
Reeves, Martin; Nanda, Saumeet; Whitaker, Kevin e Wesselink Edzard. Becoming an All-Weather Company. BCG Henderson Institute, September 2020.
Reeves, Martin; Levin, Simon; Ueda, Daichi. The Biology of Corporate Survival. Harvard Business Review, February 2016.
Reeves, Martin e Levin, Simon. Building a Resilient Business Inspired by Biology. Scientific American, March 2017.
Reeves, Martin e Whitaker, Kevin. A Guide to Building a More Resilient Business. Harvard Business Review, July 2020.