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L’esperienza del Grimsby Town dimostra come l’attenzione al processo decisionale sia fondamentale anche in uno sport come il calcio.
Jason Stockwood è un uomo d’affari inglese e ha ricoperto ruoli apicali in aziende di vari settori oltre ad essere un investitore in start up tecnologiche. Nel 2021 ha guidato un consorzio che ha rilevato la proprietà del Grimsby Town, la squadra di calcio della sua città che in quell’anno era retrocessa nella quinta divisione inglese. Con Stockwood come presidente, il Grimsby nell’anno successivo è stato subito promosso in quarta divisione e nel 2023 ha raggiunto addirittura i quarti di finale dell’FA Cup, l’equivalente della Coppa Italia, battendo il Southampton, squadra della Premier League, ed essendo la prima squadra inglese della storia a vincere nel corso della competizione con cinque squadre di categoria superiore.
La strategia del Grimsby
La strategia adottata da Stockwood nella gestione del Grimsby è piuttosto innovativa e si basa su due pilastri.
Il primo è rappresentato da un focus estremo sulla scienza dei dati, una tendenza già da tempo in essere negli sport professionistici americani (la “sabermetrica” è stata introdotta nel baseball negli anni 2000) e che oggi si sta diffondendo sempre di più anche nel calcio. I dati sono importanti non solo per programmare gli allenamenti e fare lo screening dei giocatori in fase di mercato, ma anche per differenziare tra prestazione e risultato quando si valutano le partite.
Il secondo pilastro della strategia di Stockwood è infatti quello di eliminare quanto più possibile le emozioni dal processo decisionale: avendo letto con attenzione il libro Pensieri Lenti e Veloci di Daniel Kahneman, Stockwood si è subito reso conto che i bias cognitivi non influenzano le decisioni solo nel campo del business e degli investimenti, ma possono essere un ostacolo importante anche nel mondo del football.
I bias cognitivi nel calcio
Uno dei bias cognitivi più importanti nel calcio è l’outcome bias, anche definito resulting dai giocatori di poker, cioè la tendenza a valutare la qualità di una scelta sulla base del risultato e non del processo utilizzato per decidere. Nel calcio, e soprattutto in Italia, ci sentiamo sempre ripetere che il risultato di una partita è l’unica cosa importante ma in questo modo si trascurano le complessità e le incertezze legate al caso che molto spesso si rivelano determinanti. È per questo che per dare una valutazione più equilibrata di una partita occorre affiancare al risultato un’analisi più oggettiva della prestazione. Esistono software, come ad esempio xG, che sono in grado di analizzare la qualità della prestazione valutando la pericolosità complessiva delle situazioni generate indipendentemente dai gol segnati: questi strumenti dimostrano ad esempio che una squadra che “merita di vincere”, sulla base dei parametri di pericolosità effettiva, solo nel 64% dei casi poi vince effettivamente. Questo perché il calcio, come altri sport e il business, ha una componente importante di aleatorietà che non può essere controllata.
Nel campionato del 2021/22, il primo sotto la presidenza di Stockwood, il Grimsby ha avuto una striscia negativa di 11 partite con una sola vittoria. I tifosi ovviamente hanno chiesto a gran voce la sostituzione dell’allenatore. Stockwood e il suo team, hanno analizzato attentamente i dati e si sono resi conto che la squadra non stava giocando male, anzi. Altre componenti avevano influito sui risultati e bisognava quindi tenere duro e avere pazienza. La scelta ha pagato: la squadra ha poi messo in fila una serie di risultati positivi che l’hanno portata alla promozione. E la cosa sorprendente è che l’analisi dei dati delle partite della striscia perdente e di quella vincente, non mostravano grosse differenze, a parte il risultato ovviamente.
La lezione è ovviamente è chiara: negli sport e anche nel business, occorre focalizzarsi sulla “prestazione” più che sul risultato della singola partita. E per fare questo, occorre valutare con obiettività i dati e avere fiducia nel processo. Solo così si possono poi vincere i campionati.
Un altro bias cognitivo significativo è il confirmation bias: i tifosi molto spesso utilizzano singoli episodi (solitamente negativi) per confermare la loro personale tesi su una squadra o su un giocatore. Uno dei tipici argomenti è quello che l’unico modo per fare un grande campionato è avere un attaccante da almeno 20 gol a stagione, credenza ovviamente sconfessata dai dati: durante la stagione 2013/14 quella del record dei 102 punti della Juventus, il giocatore con maggior numero di gol è stato Tevez con 19. L’anno dello scudetto precedente i giocatori che hanno segnato più gol sono stati Vucinic e Vidal con 10.
Il confirmation bias è rafforzato dall’availability bias, cioè la tendenza a sovrastimare l’importanza o la probabilità di eventi sulla base di quanto facilmente riusciamo a ricordare (“disponibilità”) esempi o situazioni simili. Dato che il calcio è uno sport a basso punteggio, i gol sono eventi molto più memorabili rispetto ai contrasti o ai salvataggi difensivi: questo porta a sopravvalutare l’importanza degli attaccanti e a sottovalutare la fase difensiva e l’importanza dell’organizzazione di squadra.
Un altro bias importante tipico del calcio è la tendenza a diventare troppo conservativi quando si acquistano posizioni di vantaggio. Quando la squadra va in vantaggio, c’è una naturale inclinazione di molti allenatori e qualche giocatore a diventare più difensivi, rallentare il gioco per congelare il punteggio piuttosto che incrementarlo. I dati però dicono il contrario: mantenere il controllo del gioco, continuare ad attaccare e creare nuove opportunità è la strategia migliore per ridurre le probabilità che gli avversari possano recuperare. In sostanza la migliore strategia per difendersi è continuare a fare gioco ed attaccare. La stessa lezione può essere applicata anche al mondo del business: tantissime aziende, una volta acquisito un vantaggio competitivo, tendono a sedersi, a ridurre il proprio appetito per il rischio e l’innovazione. Anche in questo caso, la migliore strategia per mantenere il proprio vantaggio competitivo è cercare ogni giorno di incrementarlo piuttosto che limitarsi semplicemente a difenderlo come fanno molti allenatori del calcio.
Conclusioni
Appena arrivati al Grimsby, i nuovi proprietari guidati da Stockwood hanno parlato con l’allenatore e hanno istituito due nuove regole. La prima è che la proprietà non mette piede negli spogliatoi e solo raramente si fa vedere sul campo dall’allenamento: quelli sono i luoghi dell’allenatore e dei giocatori e ne devono avere coscienza. La proprietà ha voluto definire chiaramente le responsabilità di ciascuno e dare piena fiducia alle persone che ha assunto per dirigere il club, in particolare l’allenatore e il CEO. La seconda regola è che dopo ogni partita l’allenatore non è obbligato a parlare con la proprietà: nessuna buona decisione può essere presa a caldo, proprio il momento in cui i bias cognitivi sono al loro apice.
Stockwood e i suoi soci stanno cercando di sviluppare una cultura che mette al centro il processo decisionale e il tentativo di limitare le distorsioni cognitive. Anche per questo fanno un uso importante della scienza dei dati. Sono consapevoli che “non c’è nessuna ricetta segreta per il successo nascosta nei dati, nessuna formula vincente. Non c’è una risposta giusta nel calcio. Ma c’è un modo per essere sicuri se ci stiamo facendo le domande giuste. C’è bisogno di dati per farsi le domande giuste ma alla fine il duro lavoro, il gioco di squadra e la fortuna saranno parte della risposta.”
Vedremo se questo approccio gioverà alle fortune sportive del Grimsby Town: i primi segnali sono sicuramente incoraggianti. Ogni tanto andremo a controllare i risultati di questa piccola squadra inglese.
“C’è bisogno di dati per farsi le giuste domande ma alla fine il duro lavoro, il gioco di squadra e la fortuna saranno parte della risposta.” (Jason Stockwood)
Bibliografia
Stockwood, Jason. Taking the emotion out of decisions is the way forward at a football club. The Guardian, June 2023.
Stockwood, Jason. Data has improved our understanding of football but it remains a sport of luck. The Guardian, October 2022.